lunedì 28 settembre 2009

Fine delle trasmissioni?

Il Giornale ha lanciato una campagna anticanone Rai, avviando una raccolta di firme contro quella che è stata definita la "tassa Santoro". Dal sito internet si può anche scaricare il modulo per richiedere la disdetta dell'abbonamento e "il suggellamento" dell'apparecchio televisivo. Al di là del fatto che la campagna di Feltrusconi sia dettata esclusivamente da motivazioni squisitamente politiche e sia fondata su basi giuridiche effettive, devo dire che mi trova d'accordo. Anche se non sul merito della campagna, dato che la libertà di stampa e di parola deve essere sempre salvaguardata, convengo con il Giornale sulla necessità di ripensare criticamente il pagamento annuale del Canone Rai. Per diversi motivi. Primo fra quali la scarsa, anzi scarsissima qualità verso cui la televisione di stato sta precipitando. Fra le tre reti l'unica a conservare una parvenza di qualità, seppur condizionata fortemente dall'ideologia politica, è Rai Tre. Ma le altre? Sono diventate la più becera, campestre e malriuscita imitazione di Mediaset. Rai 2 è una somma di reality show vergognosi e stomachevoli, salotti con forte rischio di commozione celebrale come quelli condotti dalla D'Eusanio e programmi pseudogenerazionali (vedi X Factor). Per non parlare di Rai Uno: l'unica cosa che funzionava, il TG1, è diventata una fotocopia di Studio Aperto: cagnolini, tette, cronaca nera a bizzeffe e zero politica seria. Puah! Perché non possiamo avere una televisione pubblica seria, come la BBC inglese? Perché i dirigenti amministrativi, invece di svendersi alla concorrenza con la farsa di Tivù, non costruiscono un'alternativa seria a Sky e Mediaset Premium? Io, e lo dico platealmente, sono stanco di pagare il Canone! Non ne posso più di girare la sera alla ricerca disperata di qualcosa di guardabile in televisione e invece vedere sempre e solo repliche di repliche, fiction strampalate e programmi a base di veline che sculettano davanti a una telecamera. Serve una rivoluzione epocale: bisogna sottrarre la Rai agli interessi partitici che l'hanno paralizzata per decenni e affidarla a uomini capaci e competenti, che sappiano creare una televisione pro omnes, che possa soddisfare i gusti di tutti i telespettatori e non solo di quelli che comportano utili pubblicitari e commerciali. Serve un canale di approfondimento, uno di cultura, uno di politica. E poi facciano quello che vogliono: tette, culi, cagnolini, storie commoventi. Tutto. Purché non sia solo quello.

domenica 27 settembre 2009

Ma Rutelli che fa?

Francesco Rutelli, ex radicale, ex ambientalista, convertito e diventato guida dei moderati del centro sinistra, secondo il Foglio è pronto a tornare alle origini. Almeno così scrive in un fondo uscito ieri: l'ex sindaco di Roma sarebbe pronto infatti a lanciare un nuovo soggetto "ambientalista, obamiano, poco clerical e molto chic". E distante soprattutto da Pd e Udc. Il progetto era stato descritto (in parte) già da Europa, il quotidiano degli ex margheritini, con un articolo dal titolo "La tela rutelliana". Secondo l'articolista, Rutelli sta cercando di scrollarsi da dosso l'immagine di leader emarginato dei soli teodem e recuperare quella dimensione politica che lo aveva lanciato come leader di Democrazia e Libertà: l'unico capace, quindi, di sintetizzare culture politiche diverse. Il progetto di Francesco è estremamente semplice e al contempo ambizioso: uscire dal Pd dopo la vittoria di Bersani (e quindi con una motivazione valida) e dare vita a un partito che riunisca i delusi riformisti, puntando fortemente su valori come l'ecologia. In questo modo, sfruttando anche l'uscita di scena dei Verdi, potrebbe creare una forza sul modello di quelle guidate da Daniel Cohn-Bendit in Francia o dei Grunen in Germania. Gli azionisti non mancherebbero e potrebbero arrivare anche dal Popolo delle Libertà (vedi i delusi La Malfa e Pera), e troverebbe alleati, ad esempio, in Angelo Bonelli, negli storici ideologi dell'ecologismo italiano, come Carlo Ripa di Meana, e nelle associazioni madre, Legambiente e Italia Nostra. Il tutto mixato in nuovo contenitore che superi le categorie politiche conosciute e si ponga come punto di riferimento per ogni alleanza che punti a governare. Sognando magari di introdurre in Italia la Jamaica Coalition, fondata su un patto tra lui, Fini e Casini, sul modello di quella che in Germania potrebbe verificarsi tra CDU, FDP e Grunen. Sempre il Foglio spiega di come gli osservatori politici abbiamo pigramente classificato i movimenti agitati di Rutelli come una confluenza nell'Udc, non prendendo in considerazione la possibile rinascita di un partito. E invece, il progetto di Cicciobello sembra essere sempre stato questo. E lo conferma Linda Lanzillotta, ultima a essergli rimasta fedele, che non vede "nessun partito esistente, nemmeno l'Udc, essere in grado di rappresentare quelle culture repubblicane, liberali e moderate che non troverebbero sbocco se il progetto del Pd dovesse fallire". Sarà soltanto fantapolitica? O c'è qualcosa di veramente credibile? Di sicuro l'idea, come recita una pubblicità, è molto "eco-chic"...

giovedì 24 settembre 2009

Angie, un sogno per la Germania (e l'Italia)

merkel 2
Questo fine settimana sarà cruciale per la Germania. Sabato e domenica, infatti, i tedeschi saranno chiamati al voto per decidere il nuovo Cancelliere e la coalizione che lo sosterrà. E' risaputo che l'attuale cancelliere, Angela "Angie" Merkel, ha proposto al proprio popolo una decisa svolta a Destra con un'alleanza solidissima con il liberali del FDP, che grazie al loro nuovo leader Westerwelle sono passati dal 4 percento al 15, in contrapposizione a un'ammucchiata di tutte le forze della Sinistra, che molto ricorda l'Unione di prodiana memoria. Gli ultimi sondaggi danno in vantaggio, seppur lieve, la coalizione di Destra, mentre danno per certa la riconferma del Frau Merkel che gode del favore di 6 tedeschi su 10. Facciamo quindi mente locale: dando per scontata la presenza di Angie, dobbiamo chiederci su chi si sosterrà. Fino ad oggi la Grosse Coalition non ha dato i frutti sperati e la Germania ha sete di normalità. Una svolta a Destra è quindi la cosa più indicata. Ma ecco la seconda domanda: con quali azionisti far decollare questo progetto? Oltre ai liberali, infatti, in questi giorni si va profilando la possibilità di una coalizione "Giamaica" tra CDU/CSU, FDP e i Grune, possibilità sempre meno remota e che rappresenta un precedente totalmente inedito. Potrebbe essere una rivoluzione copernicana per la politica, la riprova che la Destra (quella vera) può sintetizzare liberalismo, popolarismo, conservatorismo e addirittura un ecologismo moderato e razionale. Una bella lezione, anche per l'Italia. Un motivo in più per portare avanti il progetto che da qualche tempo a questa parte noi Giovani Udc di Lentini e dell'associazione FarèCentro stiamo sostendendo. Un partito conservatore moderno, non deve essere un'accozzaglia di opposti o di nostalgici antidemocratici, ma una sintesi compatibile tra ideologie diverse e complementari fra loro. Angie ce la può fare. E noi, quando dovremo aspettare prima di riuscirci?

venerdì 18 settembre 2009

Perchè c'è tanto bisogno di (vero) Conservatorismo

Da sempre si è soliti dividere la politica tra Conservatori e Riformisti. I primi a Destra, i secondi a Sinistra. Da un po' di tempo a questa parte abbiamo assistito al lento ma inesorabile declino dei primi, la caduta quasi della stessa ideologia, considerata colpevole di non volere ammodernare la Società. Così si ritorna a riflettere sul perchè oggi ci si possa definire ancora Conservatori, senza che questo possa essere sentito come un insulto. Tutti sappiamo che il padre nobile del Conservatorismo fu Edmond Burke, l'inglese che per primo gettò le basi della cultura conservatrice. Politicamente furono assimilate da un altro grande politico inglese: William Pitt il Giovane, che diede vita al primo partito Tory della storia, a cui lo stesso Burke prese parte. Dopo quella prima assimilazione il Conservatorismo si diffuse rapidamente in tutta l'Europa e poi in America, con la nascita del Partito Repubblicano e l'esperienza di grandi presidenti come Abramo Lincoln, l'esempio storico più luminoso del fatto che di Destra non vuol dire antidemocratico. I primi a immaginare la nascita di un Partito Conservatore sul modello dei Tory in Italia furono due grandi politici: Sidney Sonnino e Luigi Federzoni. Sappiamo tutti come andò a finire: il progetto entrò nella fase costituente, ma non decollò mai. In quegli anni nacque contemporaneamente il PPI, che si definì sempre lontano dalla Destra, mentre i pochi che credevano ancora in quel progetto degenerarono nel Nazionalismo e quindi nel Fascismo. Dobbiamo però chiederci: "Se fosse esistito un forte partito Conservatore, il Fascismo avrebbe preso piede?" Probabilmente no. Dopo la Liberazione e la nascita della Repubblica non riuscì a rinascere una nuova forza conservatrice e autenticamente democratica. La Democrazia Cristiana divenne un punto di riferimento per gli apolidi della Destra. Nonostante ciò in quegli anni si formò un inestimabile patrimonio politico. Basta pensare a Giuseppe Prezzolini e al suo celeberrimo Manifesto dei Conservatori. Tra le righe si può leggere chiaramente che "Il vero Conservatore sa che a nuovi problemi occorrono nuove risposte". Quindi i Tory non sono solo tradizionalisti. Adesso abbiamo assistito a una riscoperta dell'ideologia conservatore non fascista, ma molti sono caduti nell'ignoranza e nell'incultura. Dall'America abbiamo assorbito anche il neoconservatorismo, che abbiamo declinato all'italiano. Cosa che ha cercato di fare la Fondazione Liberal , sul cui sito ho ritrovato questo testo "Sul piano teorico la Fondazione liberal ha sempre visto nel liberalismo americano e non in quello illuministico francese, nella Costituzione di Filadelfia e non in quella giacobina di Parigi, il vero presidio dell’umanesimo liberale e della libertà. Madison, Jefferson, Tocqueville sono maestri di libertà più sicuri e affidabili che non Rousseau, Saint Just o Robespierre. L’idea di una ragione con la minuscola, consapevolmente sperimentale e fallibile, strumento di ogni donna e uomo, sorella del buon senso da un lato e della fede dall’altro, ci appare assai più sicura e affidabile di una Ragione con la maiuscola che pretende di ergersi sopra ogni coscienza, avendo nello Stato e nella Scienza i due guardiani assoluti di un potere che inevitabilmente finisce per schiacciare il primato della persona nella società che è l’orizzonte primo e ultimo di ogni pensiero liberale. Conseguentemente, abbiamo sempre apprezzato e apprezziamo la filosofia pubblica americana assai più di quella continentale europea figlia della rivoluzione francese. La Fondazione liberal si è impegnata e si impegna per l’innovazione nel rapporto tra chi crede e chi non crede. Nel superamento dei vecchi steccati tra cattolici e laici, nel superamento della sindrome di Porta Pia in nome di un nuovo e fecondo dialogo. La nostra consapevolezza è che la vera sfida oggi non è quella tra guelfi e ghibellini, tra clericali e liberali come molti ancora si ostinano a credere. La vera sfida oggi è tra i liberali, cattolici e laici, che ancorano il loro pensiero e la loro azione a un principio di verità e all’idea di un bene comune e tra i non-liberali che viceversa la imprigionano in un vuoto di verità. Che legano quindi la libertà alla liceità che tutto può e dunque, infine, si condannano al nichilismo. Questa è oggi la principale sfida antropologica, culturale, politica. il mondo laico non è mai stato capace di superare la “sindrome di Porta Pia” restando sempre fermo ad una sorta di conformismo anticlericale ed elaborando, soprattutto dopo gli anni Sessanta del secolo scorso, una sorta di “filosofia progressista dei diritti” secondo la quale il benessere di una democrazia è direttamente proporzionale all’estensione di ogni tipo di diritto individuale considerando priva di fondamento l’esibizione di ogni tipo di diritto legato alla tradizione della comunità o alla salvaguardia della specie. Per noi progresso si dà, invece, quando una società riesce a trovare un soddisfacente equilibrio tra i diritti dell’individuo, quelli della comunità e quelli della specie." Interessante e anche condivisibile nei contenuti. Viene quindi spontaneo, però, domandarsi quale sia il modo di declinare al presente i valori di "Dio, Patria, Famiglia". Sono ideologie da accantonare o devono essere ancora valorizzate? Secondo me, il ruolo di Conservatore moderno deve essere quello di riscoprire i propri valori, moderati e nazionali, e attualizzarli. Oggi ormai pare che l'unico a credere veramente in "Dio, Patria e Famiglia" sia solo l'Udc. E allora deve essere nostro dovere aprire il partito a culture nuove e assimilarle al nostro patrimonio comune. Mettere vicino ai grandi Sturzo e De Gasperi, Burke e Tocqueville. Studiare i classici del liberalismo come Von Hayek, Popper, Mises e Einaudi e costruire un'alleanza condivisa tra questo e il Cristianesimo. Solo così potremo creare (veramente) quel grande partito conservatore di massa di cui ha tanto bisogno l'Italia.

giovedì 17 settembre 2009

Un conservatorismo alternativo

Avrete notato, cari amici, la novità del nostro blog. Partendo proprio dal nome: l'Elefantino, che sono sicuro, vi avrà destato qualche timore. Non preoccupatevi! Non siamo diventati berlusconiani, e non lo diventeremo mai. Abbiamo solo deciso di dare un'inquadratura più decisa ai nostri principi. Abbiamo scritto del progetto di una grande Destra con Fini, Casini, Montezemolo e Rutelli, diversa dall'amalgama berlusconiano, e pure positivamente. Confermiamo il nostro primo giudizio. Quando nacque, il Pdl prese due partiti a modello: il Partito Popolare Europeo e il Partito Repubblicano (il GOP). Ma non è riuscito a emulare nessuno dei due partiti. E' rimasto solo un'accozzaglia di numeri e ideologie. Per questo noi dobbiamo proporre un modello di conservatorismo alternativo a quello del Cav. Un partito che sappia valorizzare e sintetizzare anche culture diverse, come il liberalismo, il popolarismo e il conservatorismo. Che sappia amare anche la cultura del pensare e non solo quella del fare: perchè non si può fare senza progettare, giusto? Che unisca in un unico pantheon Sturzo, De Gasperi, Von Hayek, Einaudi, Mises, Kolh e la Thatcher. Che sappia riscoprire i valori autentici e attualizzarli al nostro tempo. Di questi esperimenti ce ne sono stati pochi. Quello più riuscito è stato senza dubbio Alleanza Nazionale, che per sfortuna, ha preferito svendersi per un piatto di lenticchie anzichè continuare sulla propria strada. D'altra parte anche l'Udc si era formato per questo. Adesso si possono riprendere il meglio di tutte quelle esperienze e fonderle in un unico, nuovo, grande soggetto. Solo un forte partito schierato in modo conseguente sia a Destra che sul terreno della Democrazia piò essere un antidoto ai mali del populismo targato Lega. E quel partito lo dobbiamo costruire noi.

mercoledì 16 settembre 2009

Articolo sulla Gazzetta del Sud

L'articolo pubblicato sulla Gazzetta del Sud di Mercoledì 16 settembre 2009

domenica 13 settembre 2009

Ma il leader del Nuovo Centro può essere solo Montezemolo

Dopo i discorsi di Fini e Rutelli sono sempre più convinto che si possa dare vita a un grande partito di Centro Nazionale che possa unire tutti i moderati di diversa estrazione, anche nella loro diversità. Certo bisogna chiedersi cosa sarà il futuro Partito, quali saranno i suoi ideali e quali i suoi obiettivi. Fini, ad esempio, farebbe di tutto per rendere il Centro un polo di aggregazione liberalconservatore sul modello della Cdu, dell'UMP o del PPS; Rutelli tenterebbe di aprirlo ai riformisti e di trasformarlo in un edizione riaggiornata della Margherita; Casini, infine, amalgherebbe il tutto in una specie di Dc nuova e più laica. Per questo bisogna sciogliere tutte queste idee in un unica novità, condivisa da tutte le parti. Per scongiurare sia una Babele di idee che il pensiero unico. Ecco perchè è indispensabile che a guidare il partito sia un leader estraneo alle varie storie, ma capace di sintetizzarle e valorizzarle. Il nome è scontato: Luca Cordero di Montezemolo. Il debutto di Italia Futura il 7 ottobre sarà l'occasione migliore per studiare le possibilità dell'ex presidente di Confindustria. Intanto impazzano i retroscena giornalistici sul progetto del Grande Centro: l'Unità gli dedica l'apertura ("Palla al Centro") e racconta di come i contatti tra Fini e Casini si possano concretizzare sul voto al testamento biologico. Le parole dell'ex leader di An trovano d'accordo, infatti, Rocco Buttiglione, che potrebbe diventare un ponte tra laici e credenti. Già qualche mese fa la sua mozione sull'aborto riuscì a mettere d'accordo sia i difensori della vita sia gli araldi della libera scelta. E proprio su quel progetto si potrebbero gettare le basi per creare una posizione condivisa sui temi della bioetica. Sugli altri temi non ci possono essere difficoltà: le posizioni economica e di politica interna e estera sono identiche fra tutti e tre i probabili azionisti. Certo, le condizioni perchè il progetto decolli ci sono tutte. E pure (finalmente) la volontà di farlo. Ma il processo non sarà certo breve e rapido: bisognerà mettersi intorno a un tavolo e capire cosa si può riuscire a fare veramente. Secondo me, riprendendo un'idea ricorrente di Enrico Cisnetto, un partito per la Terza Repubblica. Secondo voi?

giovedì 10 settembre 2009

Una Destra con Fini, Casini e Montezemolo è possibile?

Piero Ignazi, professore dell'Universita di Bologna, in un intervista oggi sul Riformista disegna i contorni di una Destra "liberale, laica e moderna" che faccia incontrare in un unico partito Gianfranco Fini, Pierferdinando Casini e Luca di Montezemolo e che cancelli definitivamente gli yes man di Silvio Berlusconi. Un partito che si riconosca nel PPE, che prenda a modello formazioni come il Partido Popoluare spagnolo e l'UMP francesce e che possa rappresentare una sintesi tra il pensiero cattolico, liberale, conservatore e teocon. Nella storia politica del nostro Paese non è mai esistito, finora, un partito conservatore di massa. Un partito, cioè, schierato in modo conseguente sia a destra, sia sul terreno della democrazia. La Dc era un’altra cosa, anche se nel suo amalgama la destra rappresentava una componente essenziale. E un’altra cosa, naturalmente, era l’Msi, intrinsecamente minoritario, e saldamente radicato nel neofascismo fino agli inizi degli anni novanta. Altra cosa è evidentemente il Pdl, una semplice accozzaglia di numeri e percentuali, che forse, secondo Gianni Malgieri in realtà, non è mai nato. In fondo, la moderazione e la cautela del Presidente della Camera sembra riscuotere molti successi anche tra diversi cattolici, come testimoniano l'intervista di Antonio Mazzocchi e le parole di Rocco Buttiglione. La prospettiva è estremamente suggestiva e interessante. Potrebbe essere la realizzazione del disegno immaginato da Pinuccio Tatarella al Congresso di Fiuggi del 1995. Sul Liberale Fazioso è uscito anche un interessante sondaggio che immagina una scontro tra 3 coalizioni (Centro Destra, Centro Nazionale e Centro Sinistra) e che vedrebbe il Centro Nazionale di Fini, Casini, Rutelli, Letta e Lombardo al 20,1. Mica male, vero? Ho sempre dichiarato di essere un moderato di centrodestra, allontanatomi a causa dell'arroganza di Bossi e Berlusconi e rifugiatomi nell'Udc, che considero una casa molto più che accogliente. Ma ora questo disegno, lo confesso, mi stuzzica. Molto.

martedì 8 settembre 2009

Ma volete scommettere che a esplodere sarà per primo il Pdl?

Su Fini attriti nel Pdl; Berlusconi: "Gli confermo la mia stima"
Ne sono (quasi) sicuro. Le incrinature nel "grande partito dei moderati" non sono più cose da poco. Dopo l'attacco di ieri di Vittorio Feltri al compagno Gianfranco Fini e quello di oggi da parte di Libero, è chiaro che il presidente della camera non è più gradito all'interno del Pdl. A tal punto che Francesco Cossiga, in un intervista al Tempo, consiglia a Gianfry di dimettersi e di fondare un nuovo partito "radicale", laico e laicista, rompendo così il partito di plastica. Cosa incredibile e impensabile sino a qualche mese fa: il dopo-berlusconi è già iniziato, come ci spiega Alessandro Campi sul Riformista. A questo punto il Governo Berlusconi non sarebbe più così solido. Inoltre un progetto di un partito centrista, sponzorizzato anche dalla Chiesa, fa paura a Silvio, che oltre al voto di Destra perderebbe anche quello moderato, come ci racconta il Times. Ed ecco che nella mischia si torna a fare il nome di Casini, come "interlocutore affidabile per il Governo". Una sua (ri)entrata porterebbe a un rimescolio delle carte e delle cariche. Il pezzo grosso sarebbe un avvicendamento Fini-Buttiglione alla presidenza della Camera. Tra i quotidiani vicini al Pdl è intanto guerra assoluta: berlusconiani (Libero e Giornale) contro Finiani (Il Secolo d'Italia). Accuse a ripetizione, insulti continui e difese a oltranza dei rispettivi leader. Era impossibile far convivere due differenti visioni della politica in un unico amalgama, peggio del Pd. Allora perchè Berlusconi non si sceglie come co-leader del partito Bossi? Lega e Forza Italia erano simili già nel 2006, Bossi e Berlusconi lo sono ancora. Insieme potrebbero fondare (veramente) un partito ultraconservatore e tradizionalista, con qualche venatura xenofoba che va tanto di moda in questo periodo, sul modello, ad esempio, dell'ultra destra europea. Il partito delle due B.

lunedì 7 settembre 2009

Ma la Chiesa aspetta veramente un Nuovo Centro?

Me lo sono chiesto stamattina leggendo l'apertura del Foglio del lunedì, che riporta un'analisi sintetica e comparata della settimana scorsa, nota per la freddezza (quasi scontro) tra Chiesa e Berlusconi. Certo il Cav un po' di paura ce l'ha, come ci racconta il Messagero di oggi: un progetto neocentrista, casa comune di tutti i moderati, sarebbe più di una spina nel fianco per il centrodestra. Berlusca, come al solito, ha assicurato che i rapporti tra Chiesa e Governo sono eccellenti e che "la libertà di stampa in pericolo è solo un'invenzione dei cattocomunisti". Insomma... L'incontro di ieri tra Letta e il Pontefice non è stato eccellente come l'anno scorso, a Cagliari. Benedetto XVI ha auspicato che i "cristiani si impegnino in politica seguendo il Vangelo". Quasi un'investitura del progetto di un nuovo partito di Centro. Il Pd rilancia l'alleanza con l'Udc, come testimoniato da quest'articolo su l'Occidentale. Anche Eugenio Scalfari ne ha parlato, sempre ieri, in un editoriale su Repubblica:
Il progetto ha un nome. Si chiama Grande Centro. Il partito di Casini e Buttiglione più Montezemolo. Oppure di Montezemolo più Casini e Buttiglione. E il Forum delle famiglie, e l'associazione per la vita, e Formigoni sullo sfondo e Vittadini e le Coop bianche, eccetera eccetera. Questo Grande Centro non sarà mai grandissimo e non potrà mai governare da solo, ma può diventare il pesce pilota e l'esecutore testamentario quando Berlusconi deciderà di farsi da parte (con tutti gli onori e senza alcun onere, beninteso). L'assetto finale è il grande partito dei moderati con forti venature cattoliche. A Ruini piace. A Bertone piace. Bagnasco? Piacerà anche a lui e poi Bagnasco semmai è un incidente di percorso. Però la ferita Boffo brucia ancora. Perciò Berlusconi dovrà pagare un prezzo (che a lui non costa nulla): testamento biologico, soldi alle scuole cattoliche, limiti alla pillola-aborto, revisione delle leggi sulla fecondazione assistita, eccetera. Grandi piccoli e piccolissimi giornali sono d'accordo. Finalmente si tornerà a parlare di problemi seri, alla moda di Tremonti. La libertà di stampa e il controllo dei poteri di garanzia sull'operato del governo non sono un problema serio, non sono una questione preliminare, sono bazzecole. Casini è cauto. Su Boffo non ha sparso molte lacrime, però non si fida. Alle regionali marcerà in ordine sparso secondo le convenienze ma alcune scelte saranno comunque decisive, per esempio nel Lazio, in Puglia, in Piemonte. Poi si vedrà.
Interessante, senza dubbio... Ma la domanda torna spontanea: sarà tutto vero?

giovedì 3 settembre 2009

Dino Boffo, colpevole di aver detto solo la verità

Alla fine il tribunale Feltrusconiano ha vinto. Dino Boffo, direttore dell'Avvenire si è dimesso stamattina da proprio incarico per evitare possibili speculazioni ai danni della Chiesa. Terribile, non è vero? Boffo si è dimesso per delle falsità e delle calunnie, mentre il presidente del consiglio On. Silvio Berlusconi, detto altresì Principe dei Libertini, rimane al proprio posto dopo aver ricompensato generose escort con candidature e consigliato alla signora D'Addario di "toccarsi di più, fare sesso da sola più spesso". E a testimoniarlo non sono solo carte sgrammaticate spacciate per vere, ma registrazioni vocali riprodotte dall'Espresso. Perchè Boffo sì, e il Cav no? E cosa diranno ora i cattolici del Pdl, continueranno con il solito "con Boffo ma non contro Feltri"? Cari cattoberluscones, non si può essere con il direttore (ex...) di Avvenire e con Feltrusconi. Sono incompatibili. Il contrattacco d'autunno di Berlusca ha preso l'avvio: via Boffo, querela per 1 (uno) milione di euro a "Repubblica" e all'"Unità"; via tutti gli oppositori e coloro che osano contraddirlo e dire no a questo sistema perverso di menzogna e libertinaggine. Da brivido. Mi dispiace che l'Udc non scenda nell'arena di battaglia a difendere la libertà di stampa. La libertà di tutti noi. Libertà calpestata e stracciata da un nano manipolatore. Un Clown. Che al posto di far ridere, a me fa solo piangere.

martedì 1 settembre 2009

Il (disgustoso) contrattacco di Feltrusconi

Lo sapevamo tutti. Inutile negarlo. Era scontato che il ritorno di Vittorio Feltri alla guida del Giornale nasceva da ragioni meramente politiche e non giornalistiche: via il debole peso leggero Mario Giordano e dentro il corazzato Feltri, uno che, francamente, il prodotto sa come venderlo. Il suo successo era cominciato con Tangentopoli, quando dirigeva L'Indipendente, che era riuscito a portare a oltre 100 mila copie cavalcando l'onda del malcontento e coniando il celebre soprannome "Cinghialone". Dopo, notato dalla grande stampa nazionale, fu chiamato a prendere il posto del grande maestro Indro Montanelli al Giornale e da lì, dopo la parentesi di Libero, è ritornato al giornale della famiglia Berlusconi. E perchè? Ovvio, per poter difendere meglio il Grande Capo Berlusconi. E tutti eravamo convinti della politica aggressiva che avrebbe messo in atto contro i censori moralisti del Principe delle Libertà. Ma mai (almeno io) ci saremmo potuti immaginare che il bersaglio più colpito e in modo più infamante potesse essere Dino Boffo, direttore dell'Avvenire. Certo, era scontato che a Berlusconi non fosse andato giù il malcontento del mondo cattolico espresso sulle pagine del quotidiano Cei, ma arrivare a infangare il nome di un uomo solo basandosi su informative spacciate per vero e che invece solo solo emerite patacche, questo non è accettabile. Ed è inutile che il Cavaliere si dissoci dall'attacco, perchè lo sappiamo tutti che dietro il direttore del Giornale c'è lui. I due insieme sono una macchiana da guerra distruttiva: Feltrusconi pur di salvare se stesso, sarebbe pronto a uccidere gli altri. Tutti colpevoli, nessun colpevole? Assolutamente no. Quello di Feltri è sciacallaggio giornalistico, contro ogni norma del codice deontologico di un buon giornalista. So che molti di voi si chiederanno perchè con Berlusconi sì e con Boffo no. E' ovvio, fin troppo chiaro. Il privato è pubblico, ma il pubblico non può essere privato.