mercoledì 24 febbraio 2010

L'Italia che muore affogata nelle tangenti

Ma che Italia è quella di oggi? Quella delle mazzette 2.0, dei mariuoli diventati birbantelli? Delle mafia dentro le scalate alle banche e dentro alle urne? E davvero la Seconda Repubblica sconterà la colpa di essere nata, morendo allo stesso modo, travolta da mazzette e tangenti? Pare proprio di sì. Perché gli scandali di questi giorni sembrano essere solo l’anticamera di un ritorno in grande stile del periodo delle retate giudiziarie che hanno seppellito 50 anni di politica e di partiti, lasciando però intatti corruzione e illegalità che oggi si ripropongono con forza. Come nel '92, peggio del '92. L'Italia degli anni dieci si guarda allo specchio e scopre un panorama di macerie morali come suo sfondo. Una nuova Tangentopoli? «No, peggio - dice il presidente della commissione antimafia Beppe Pisanu - allora crollò il sistema del finanziamento dei partiti, oggi è la coesione sociale, la stessa unità nazionale a essere in discussione. Si chiude l'orizzonte dell'interesse generale e si aprono le cateratte dell'interesse privato, dell'arricchimento personale, della corruzione dilagante». Un quadro di pura decadenza, in cui le tinte forti del malaffare diventano la cornice di un sistema giunto ormai al collasso, che rischia, inoltre, di trascinare metà Paese nella sua rovinosa caduta. Ma chi volevamo prendere in giro? Quando Tangentopoli ha distrutto DC, PSI e company, ne ha soltanto gambizzato la classe dirigente, che, pur in tutto il male commesso, restava sempre fine e competente: in questo modo si sono aperte le porte per le seconde, terze e quarte file di politici, per i partiti e partitini personali e per quel Bipolarismo-Bipartismo che ci ha ingabbiato in una polarizzazione degli estremi e degli estremismi. Con buona pace del sogno di legalità e di meritocrazia che ha animato intere generazioni di giovani impegnati. Tenterà la politica, ancora una volta, di salvare la stessa? Davvero, come ripeteva Gramsci, la “piccola politica”, volta al compromesso e all’equilibrismo, sopraffarà la “grande politica” e con essa la volontà di costruire un futuro diverso? Temo di sì. E allora a nulla valgono gli ipocriti appelli alle “liste pulite”, al rinnovamento e alla pulizia, perché quello che sedici anni fa era praticato con sotterfugi e mezzucci vari, ora è invece pane quotidiano per il Potere: torbidi e maledetti intrecci tra politica, alta finanza e mafia che avviluppano il nostro sistema in uno scambio continuo e costante tra mazzette e favori, riciclaggi e leggine. Mi viene la pelle d’oca solo a pensare che un senatore sia in Parlamento perché eletto con i voti della mafia e perché portaborse di un elettricista divenuto finanziere. E che ora si difenda pure, negando tutto, dopo che in un’intercettazione si sente chiaramente “tu sei il mio schiavo”. Addio Italia, addio.