martedì 11 maggio 2010

La scuola, i mezzi e la libertà che non c'è

La scuola è sempre al centro dell’agenda politica italiana. È vero, se ne sente parlare spesso, troppo spesso: ma che risultati concreti si ottengono poi? Se la discussione resta fine a sé stessa e circoscritta in un ambiente troppo ristretto, infatti, non può ottenere nessun risultato. E’ necessario, infatti, cercare un coinvolgimento attivo dei ragazzi, i fruitori principali di un buon sistema scolastico, sempre meno attratti dalla nobile arte della politica e sempre più schifati, invece, da quei mercenari senza dottrina e senza ideali che l’amministrano. Uomini senza scrupoli, maestri nell’arte sofistica della vuota retorica, pronti a ingannare la gente, vendendo spot e promesse come fossero certezze e nascondendo, invece, intrallazzi e imbrogli vari. A volte, poi, quando scelgono di varare riforme importanti come quelle della scuola, si limitano a divulgarne pochi particolari, costruendo ad arte una verità che non esiste. La prova del nove sta proprio in questa riforma scolastica: quanto tempo è passato prima di poterla conoscere nella sua interezza? Troppo. Tutto é iniziato quasi due anni fa, con il decreto 112 del 25 giugno 2008 sulla stabilizzazione della finanza pubblica: al capo II “Contenimento della spesa per il pubblico impiego”, all’art. 64 si legge che nei successivi tre anni scolastici andranno risparmiati 8 miliardi circa di euro. Come? Si danno alcune (generiche) indicazioni. Intanto, tutti i giornali riportano le interviste del ministro su grembiulini, rigore, voto di condotta, merito, serietà. A sorpresa, però, il Consiglio dei Ministri vara un decreto, il 137 del 1 settembre, su “Disposizioni urgenti in materia di istruzione e università”. Si introducono: il voto di condotta in decimi, che fa media, per tutti i gradi di istruzione obbligatoria, dalle elementari alle superiori; l’insegnante unico alle elementari, per 24 ore settimanali di lezione; libri di testo bloccati per 5 anni. Tutte iniziative interessanti e condivisibili. Ma resta insoluta la grande domanda: si tratta di proposte finalizzate a un vero e profondo rinnovamento del nostro sistema scolastico o sono solo spot? O peggio, coperture? In un paese ammalato di scarsa competitività, la scuola secondaria superiore è infatti il grande anello debole della catena. La riforma varata dal governo pare essere soprattutto orientata al taglio delle cattedre, a far cassa insomma. Il problema di fondo, è però, a mio avviso, un altro. In Italia esiste un grave deficit di competitività, rispetto ai canoni europei (si pensi alla Germania, alla Francia o alla Spagna), con un numero di laureati pari a quelli del Cile, solo per fare un esempio. La scarso livello di competitività e l’assenza di una ragionata offerta formativa che guardi all’Europa e al mondo impediscono quindi la formazione adeguata dei nostri cittadini e futuri dirigenti. Ecco perché tra gli obiettivi di una riforma non può che essere primario l’impegno ad aumentare la capacità di apprendimento di tutti gli studenti, selezionando fin da subito i migliori, secondo reali criteri meritocratici, in modo da creare soldati e generali da spendere poi nella battaglia della competitività del nostro sistema paese. Siamo sicuri che la riforma operi in questo senso? Siamo proprio sicuri che i due interventi di riordino degli indirizzi scolastici e della riduzione del monte orari vadano in questa direzione? Di sicuro, produrranno un ingente guadagno di cassa. Ma possono i tagli migliorare la nostra situazione? A mio avviso bisognerebbe intervenire fin da subito sulla qualità del corpo insegnante: bisogna invogliare le menti migliori, incentivandole con retribuzioni adeguate, selezioni accurate, formazione all’ingresso, aggiornamento professionale, distribuzione delle cattedre e stabilità dell’insegnamento nel tempo. Soprattutto, aumentando il prestigio sociale della professione. Prospettiva difficilmente realizzabile nel paese dei baroni e degli eterni precari. Intervenire solo sul numero di docenti per classe e ridurre gli orari farà felice il ministro dell’economia Giulio Tremonti, ma sono sicuro che difficilmente si possa tornare a essere competitivi in questo modo. Perché come disse già Don Luigi Sturzo oltre 60 anni fa: “due cose mancano alla scuola in Italia: libertà e mezzi; ma i mezzi senza libertà sarebbero sciupati; mentre con la libertà si riuscirebbe anche a trovare i mezzi”. Parole che ci invitano a riflettere. Seriamente.

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