lunedì 30 novembre 2009

Il triste destino dei giovani italiani

Bella la lettera strappalacrime e amara di Pierluigi Celli su la Repubblica di oggi: bella soprattutto per il triste realismo che la connota. Certo, peccato per l'autore che l'ha ideata, dati i suoi trascorsi non proprio limpidi e meritocratici (chi non li conoscesse legga pure questo articolo di FareFuturo). Ma al di là queste piccole sottigliezze, l'articolo di Celli ha il merito di aver riacceso il dibattito intorno al triste destino, privo di prospettive concrete di lavoro e di successo (se si esclude l'universo sempre più trash e volgare della TV), dei giovani italiani: oggi quale futuro può esserci per un neolaureato o per un ragazzo della mia età che sogna il proprio futuro, magari costellato da qualche piccola soddisfazione personale e dalla sicurezza di potersi fare una famiglia e poterla mantenere? Praticamente nessuna. E la politica e i politici non sembrano nemmeno porsi lontanamente il problema in questione: meglio continuare a parlare di processo breve e scorciatoie varie per far cadere il governo. Certo, meglio questo che dire grandissime stupidaggini come la "calzante e illuminante" definizioni di bamboccioni, gentilmente offertaci dal ministro Padoa Schioppa. E ha voglia Filippo Rossi di scongiurare i giovani a restare in Patria! L'orgoglio di cui il direttore di FareFuturo parla deve essere stuzzicato e supportato da proposte e fatti concreti, non da semplici e vacui slogan. Le stime economiche e sociali lo confermano: un giovane italiano ha molte possibilità in meno rispetto a un coetaneo europeo. E non prendiamo nemmeno in considerazione il rapporto ragazzo del Sud-ragazzo europeo: sarebbe anche troppo indegno e mortificante! Ma allora cosa si può fare concretamente? Credo che nello specifico servano delle proposte per cambiare radicalmente lo stato delle cose, partendo proprio dal basso. Di seguito vi elenco le idee che a mio parere sono indispensabili per garantire (o almeno provare a farlo) un futuro a noi giovani in Patria. Primo fra tutti: garantire il diritto allo studio per tutti con anesso riordino generale delle materie scolastiche insegnate negli istituti superiori e delle facoltà universitarie, con rigore e razionalità. Secondo: offrire un presente più informatico, con l'assicurazione del diritto all'uso della banda larga su tutto il territorio italiano, potenziando i collegamenti wireless e quelli wi-fi. Terzo e più importante: cultura gratis e a volontà per tutti. Smettiamola di istruire attraverso uno schermo catodico capace di trasmettere solo colorite espressioni, risse, storie di trans e reality vari! Riapriamo i teatri, le biblioteche, i centri di conferenze e rendiamoli giovani! Cerchiamo di imitare l'Europa almeno su questo. Ma la timida politica in mano ai poteri forti sarà capace di capirlo?

sabato 28 novembre 2009

Anche Lombardo e Micciché con Rutelli?

Oggi voglio proporvi alcune riflessioni intorno ai numeri parlamentari e alla consistenza effettiva che un gruppo centrista (Udc e Api) potrebbe avere alla Camera e al Senato. Partendo dal ramo basso del parlamento (al Senato la situazione è incerta, ma è ovvio che si tratterebbe solo di una formalità qualora si dovesse concretizzare quello che sto per elencare) ci accorgiamo subito che l'Udc conta 36 deputati, mentre il misto è arrivato a quota 31 deputati: di questi 8 fanno parte del Movimento per l'Autonomia di Lombardo, 8 aderiscono già ad Alleanza per l'Italia, mentre altri 3 sono iscritti al gruppo "Repubblicani e Popolari", formato da Nucara, La Malfa e Baccini, altri 3 formano il gruppo "Liberaldemocratici" (Melchiorre, Tanoni e Merlo), altri 3 al gruppo "Minoranze linguistiche" e i restanti 6 non sono iscritti ad alcuna componente. Sappiamo tutti che Rutelli ambisce a formare un gruppo parlamentare autonomo e che in questi giorni sta pescando proprio dal gruppo misto: deve trovare almeno altri 12 deputati per coronare il suo obiettivo. Considerando già dei suoi i due repubblicani e il liberale Guzzanti, al suo progetto sarebbero in procinto di aderire anche i 3 liberaldemocratici. Ma sarebbero ugualmente insufficienti, perché la somma totale sarebbe pari a 14 deputati. E' per questo che Francesco Rutelli, su consiglio e pressione di Bruno Tabacci, starebbe lavorando ad un'inclusione del proprio progetto del MPA di Raffaele Lombardo. I suoi 8 deputati sono preziosissimi in questo momento, senza contare che con la sua adesione si romperebbe l'attuale maggioranza di CDX e perché dopo, a valanga, tutti gli altri deputati del misto liberi aderirebbero ad Alleanza per l'Italia. Risultato: 28 deputati, che sommati ai 36 dell'Udc fanno ben 64. Senza contare che dentro potrebbero confluire anche oltre metà del gruppo più moderato dell'Italia dei Valori e i tanto attesi e corteggiati Popolari Pd di Marini e Fioroni, sempre più a disagio nel Pd di Bersani. A occhio e croce, oltre 100 deputati: contro ogni rosea previsione. Anche se un gruppo del genere dovrebbe essere pronto a sanare diverse divergenze interne, prime fra tutte i rapporti tesissimi tra Lombardo e l'Udc siciliano. A quanto pare, il gruppo dirigente isolano dello scudocrociato non la prenderebbe affatto bene (specialmente in un'ottica di rassemblament con Rutelli), ma Casini ha invitato alla calma i propri colonnelli: "ricordatevi che lavoriamo per disgregare i Poli". E quella disgregazione potrebbe avvenire solo mettendo una pietra sopra i rapporti travagliati con il Presidente della Regione Sicilia. Ma non sarebbe finita qui. A ruota di Lombardo, infatti, con l'ex leder della Margherita sarebbe pronto a passare anche niente poco di meno che Gianfranco Micchiché, sottosegretario al CIPE in rotta da tempo con il premier Berlusconi e con i lealisti siciliani di Alfano e Schifani. E questo sarebbe difficile da digerire anche più rispetto a Lombardo. Ma cosa non si sarebbe disposti a fare per creare un gruppo che potrebbe contare su 110 deputati e 60 senatori?

venerdì 27 novembre 2009

Tear down this wall!

Di seguito l'editoriale che ho scritto per il giornale scolastico
del Liceo Classico Gorgia "Omega"

Chi lo avrebbe mai detto che quella notte il Muro sarebbe caduto davvero? Chi lo avrebbe mai detto che il simbolo più evidente e tragico della Guerra Fredda, alla fine, si sarebbe sbriciolato come un castello di carte? E chi sarebbe mai stato pronto a giurare che dopo la notte del 9 novembre 1989 tutto in Europa sarebbe andato incontro a un’inesorabile e irreversibile trasformazione? Il Berliner Mauer era prima di tutto una certezza: quella, cioè, che Occidente democratico e Est comunista non si sarebbero mai potuti mettere d’accordo e che finché uno dei due non sarebbe riuscito a prevalere sull’altro, Berlino sarebbe stata condannata a rimanere spaccata in due. Di là i rossi, di qua i moderati. Senza possibili vie di mezzo. Guai ad immaginare il confronto e lo scambio libero tra le due parti: sarebbe equivalso a una sconfitta dell’ultima parte (autorizzata però dagli altisonanti, vacui, indefiniti e burocratici accordi di pace) di autoritarismo antiliberale nel cuore dell’Europa. Per quasi trent’anni nessuno sembrò essere in grado di rovesciare quell’assurdo e sconcertante dato di fatto: il timore di una terza guerra mondiale, a base di bombe nucleari, era troppo forte anche per i più solidi paladini della libertà. Tutto sembrava perduto, fino a quando due grandi presidenti americani, JFK e Ronald Reagan, non ebbero il coraggio e la forza di sfidare quella paura. E ne ebbero ragione: l’entusiasmo che le loro parole infusero nell’impaurita e opaca Mitteleurope fu tale da garantire una rinascita intellettuale, culturale e morale che qualche anno dopo porterà al crollo del Muro e al tracollo dell’utopia comunista. Alzi la mano chi non ha mai sentito le straordinarie e meravigliose frasi di entrambi: “Ich bin ein Berliner!” e “Tear down this wall!”. Rappresentano due modi diversi di trovare una soluzione al problema (probabilmente influenzata dalla diversa concezione politica) ma allo stesso modo efficaci e potenti. Se davvero qualcuno non le ha mai sentite vada su Youtube e le ascolti, tutte e due, una dopo l’altra: sentirà l’entusiasmo e l’euforia incontenibile di un popolo rinato a vita nuova, che armato di picconi, martelli o solo con le semplici mani, è riuscito a trasformare una comune, fredda e gelida notte di novembre nell’inizio di una nuova era. Ma ora, dopo 20 anni, che effetto fa a dei ragazzi che non hanno mai conosciuto il Muro vedere quei momenti e quelle foto? Cosa sente, quindi, un giovane della “post generation” di fronte al suo ricordo? Noia? Entusiasmo? Indifferenza? Tutte queste cose insieme? Abbiamo provato anche noi a dare una risposta a questa domanda, chiedendo ai diretti interessati. E abbiamo avuto risultati molto, molto interessanti. Su un campione di 100 intervistati, infatti, ben 73 persone sapevano che quest’anno ricorre il ventesimo anniversario dalla caduta, mentre solo il 20 per cento ricordava che il Muro cadde durante il mese Novembre. La maggior parte di loro, invece, ha detto di considerare la caduta del Muro un importante avvenimento per la storia dell’Europa, mentre solo una minima parte la considera un evento ininfluente per il Vecchio Continente. Novanta intervistati su cento hanno assicurato di aver visto almeno una volta nella vita una foto di quella magica notte e il 70 per cento degli intervistati ha scelto l’aggettivo “entusiasmante” per definirla, mentre il 20 per cento ha scelto “bella” e solo il 10 l’ha definita “inutile”. Questa piccola carrellata di dati ci spinge a fare qualche riflessione più profonda per confrontarci seriamente con l’eredità pesante di quella notte. Qualche giorno fa i presidenti delle varie nazioni europee hanno scelto, a seguito della ratifica del trattato di Lisbona, i nuovi responsabili delle politiche comunitarie, a cui spetta l’arduo compito di ridare smalto e slancio al progetto di una grande Europa, che possa competere a viso aperto con le altre potenze mondiali, USA e Cina. Le nomine sono state precedute da un lungo tira e molla intorno ai nomi di vari papabili, primi fra tutti Aznar e Blair. Alla fine la scelta è ricaduta sul premier belga Herman Van Rompuy. Non mi esprimo sul merito della nomina, che considero non all’altezza degli obiettivi che ci eravamo prefissati. Tuttavia c’è una nota positiva in tutto ciò: se l’Europa spesso non avanza, è perché il Consiglio non riesce a trovare un accordo sulle proposte della Commissione. Herman Van Rompuy sembra proprio avere la capacità di creare consenso. Nicolas Sarkozy, il presidente della repubblica francese, ha sottolineato che «questo fiammingo è un uomo che nel suo passato non ha fatto che mettere d’accordo le persone intorno a lui». E non su soluzioni minimalistiche: da ministro del bilancio del Belgio, ad esempio, prima di diventarne primo ministro, ha condotto con successo una difficile operazione di risanamento della finanza pubblica. Questo fa ben quindi ben sperare: oggi c’è bisogno di costruire un’Europa forte, unita, capace di valorizzare e non di schiacciare le peculiarità e le caratteristiche di ogni popolo. È questa la grande lezione di democrazia che la caduta del Berliner Mauer ci ha lasciato in eredità, che noi giovani per primi abbiamo l’obbligo di onorare e seguire. Ne saremo capaci? Sono sicuro di sì. Anche se davanti a noi ci sono ancora alti muri da scalare e da abbattere. Ecco perché oggi dobbiamo essere pronti a dire ancora una volta: “Tear down this wall!”.

giovedì 26 novembre 2009

Si accomodi pure...

Lo avevamo già detto: una poltrona da governatore regionale è quella che chiederebbe il sottosegretario Guido Bertolaso al suo amico Gianni Letta. Una volta abbandonata la guida della Protezione civile, come lo stesso Bertolaso ha annunciato di fare, gli piacerebbe mettersi al timone di una regione come il Lazio. Ma questa scelta potrebbe provocare una reazione a catena di poltrone. Per la successione alla Protezione civile è stato indicato il prefetto Gianni De Gennaro, attuale direttore del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (Dis), che si occupa del coordinamento delle varie attività dei servizi. Al suo posto vuole andare Franco Ionta, l'ex pm di Roma attualmente a capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. Al Dap andrebbe Settembrino Nebbioso, capo di gabinetto del ministro della Giustizia, Angelino Alfano. E il posto di Nebbioso potrebbe essere preso dal magistrato Luigi Birritteri, già in via Arenula, che nel 2003 è stato candidato per la presidenza della Provincia regionale di Agrigento sostenuto da Ds, Udeur, Sdi, Rifondazione comunista, Verdi, Margherita e Comunisti italiani. Se qualcun'altro vuole accomodarsi, faccia pure...

mercoledì 25 novembre 2009

Perché Kadima non può attendere

Peppino Caldarola sul Riformista di ieri ha lanciato un accorato appello a Fini, Casini e Rutelli: "Possono avviare una svolta. Non gli chiediamo molto. Facciano una piccola Kadima. Può bastare". Conciso, rapido, eloquente. Più chiaro di così? L'editorialista del foglio esprime chiaramente che il nostro paese sta attraversando un periodo di immobilismo e di difficoltà profonda: le contrapposizioni tra Berlusconi e la Giustizia stanno mettendo a serio rischio il sistema paese e non si può lasciare il pallino della situazione nelle loro mani. Oggi più che mai c'è bisogno di qualcosa capace di rompere gli schemi e di andare oltre, unendo (scusate la retorica) uomini diverse con culture e storie diverse. Lo auspichiamo da tempo, da molto tempo e forse ora ne abbiamo finalmente avuto ragione: ieri alla presentazione del libro di Bruno Vespa i due leader centristi, Casini e Rutelli, hanno ufficializzato le loro nozze. E sono subito scoppiati i retroscena politici: quanto valgono in percentuale i due? In nostro soccorso giungono numerosi sondaggi, i migliori pubblicati su SpinCon e su Il Liberale, che accreditano il nuovo duetto stabilmente sopra il 10 per cento e con una forza di attrazione che potrebbe arrivare anche al 15 per cento: a completare il quadro servirebbe l'ala finiana del Pdl che avrebbe una forza quantificabile intorno al 5-6 per cento, secondo Luigi Crespi. Naturalmente un nuovo partito non si crea con i sondaggi e tutti questi dati andrebbero letti alla luce del fatto che un terzo polo moderato che parte dal 20 per cento potrebbe con estrema facilità raggiungere vette molto più alte. Alessandro Campi, sul Riformista di oggi, esprime però dei forti dubbi al riguardo: ma non si preoccupi! Il nuovo partito non sarà solo un rifugio di delusi e non sarà unito solo da un malessere comune. Il collante del partito sarà ben altro, molto più forte e resistente: perché sarà questa la vera, grande rivoluzione del quadro politico italiano. Un partito di Centro che mira non a fare da stampella a una o all'altra coalizione, ma a diventare il perno su cui costruire una nuova alleanza per il bene comune. Contro ogni populismo, estremismo o demagogia di sorta. Ecco perché Kadima non può più attendere.

domenica 22 novembre 2009

Elogio di Angela Buttiglione

Angela Buttiglione, sorella di Rocco, è una grande professionista e una gran bella persona. Di lei sapevo ben poco, fino a quando ho scoperto che è stata costretta a mettersi da parte per far posto a logiche partitiche, maggioritarie e dialettali (chi capisce capisce). E allora mi sono documentato a fondo su di lei. Che peccato, che grande peccato! Ma anche nell'essere messa alla porta, ha dimostrato una grandissima professionalità, oltre che una straordinaria dignità: si è dimessa, con ben due anni di anticipo sulla pensione. Lo ha fatto perché non voleva mendicare nessun posto, nessuna poltroncina a nessuno per continuare e così, molto semplicemente, si è fatta da parte. E il riconoscentissimo mondo giornalistico italiano non si è nemmeno degnato di salutarla come meritava. Tranne qualche rarissima eccezione: finora ne ho contata solo una, che vi consiglio caldamente di leggere, perché tratteggia benissimo il grande valore di Angela Buttiglione. Peccato che qualcuno non sia dello stesso parere...

mercoledì 18 novembre 2009

Ma per Gheddaffi non si indigna nessuno?

Quando la Corte Europea dei Diritti (!) dell'Uomo di Strasburgo ha emanato quella sentenza vergognosa sul Crocifisso, lesiva delle nostre radici e tradizioni, tutto il mondo politico italiano è giustamente insorto. Io sono stato tra i primi a sottoscrivere il ricorso del Governo, un atto che ritengo giusto e dignitoso. Ma ora, come non l'ho fatto allora, non posso rimanere zitto difronte alle porcherie targate Gheddaffi. Il dittatore libico, accolto con tutti gli onori a Roma dal nostro Presidente del Consiglio, si è infatti permesso di sindacare sulla credibilità della nostra religione, sostenendo che sulla Croce a morire non sia stato Cristo. Questo è veramente inaccettabile! Ha ragione Pierluigi Battista a chiedersi come mai tutti stiano in religioso silenzio ad ascoltare le "lezioni" di un dittatore! E le ragazze riservate come regalo di benvenuto, quelle dove le mettiamo? Per non parlare poi delle stupidaggini in materia di voto e democrazia che ogni volta ci rifila come se fossero preziosissime lectio-magistralis! Perché nessuno si indigna, perché nessuno protesta violentemente? Preservare "gli eccellenti rapporti bilaterali" con la Libia significa dover svendere se stessi e la propria dignità nazionale? Che il nostro presidente accolga con più onori un sanguinario repressore dei minimi diritti democratici umani, invece di leader europei e mondiali come la Merkel, Sarkozy o Obama, questo è risaputo. Ma una cosa è certa: quando il Premier abbraccia Gheddaffi e lo chiama amico, non lo fa nel mio nome e (sono certo) di milioni e milioni di italiani. Non lo faceva nemmeno quando ha regalato 5 miliardi di euro alla Libia, in cambio della ridicola promessa di non fare più partire barconi carichi di immigrati e di diventare il partner privilegiato libico per la costruzione delle future infrastrutture. Infatti, è andato tutto nel verso contrario: gli immigrati partono ancora e o muoiono per mare o vengono respinti in Patria a morire in moderni campi di concentramento e l'azienda che costruirà l'autostrada Libia-Egitto, col cavolo che sarà italiana: il grande amico Muammar si è scelta come partner un'azienda francese. E beh, che importa? La cosa veramente importante è selezionare 200 bellissime italiche taglia 42 per ascoltare interessantissime lezioni religiose...

lunedì 16 novembre 2009

Ma quanto valeva il Lodo?

Dentro il Pdl esplode lo scontro Fini-Berlusconi: giustizia e politica interna sono state solo le micce che hanno fatto esplodere una polveriera già da tempo destinata a scoppiare. Le due Destre di cui si è tanto scritto e parlato, sono ormai giunte ai ferri corti: a Fini non va giù il fatto di essere il bersaglio dei continui attacchi del Giornale e Berlusconi invece proprio non sopporta di allevare una serpe in seno. E le sterili e prolungate diatribe interne si riflettono in una sostanziale e effettiva immobilità governativa, un vero e proprio malgoverno come fa notare Roberto Penna dal suo blog. L'unico tema capace di tenere banco è la giustizia ad personam: ma può una maggioranza dilaniarsi profondamente solo per trovare la via più elegante e invisibile per liberare il proprio padrone dalla morsa e dalla presa dei giudici? Ma vi pare possibile che quelli che dovrebbero essere alleati, si trattino invece a pesci in faccia? Fa proprio sorridere l'idea poi che per isolare il cofondatore del proprio partito, si chieda aiuto alle opposizioni. Ma in quale Italia viviamo? In questo clima di confusione totale (casi Sicilia e Campania compresi) è naturale che le uniche proposte capaci di farci tornare a questioni di politica vera vengano dalla nostra parte. Come quella fatta da Pierferdinando Casini sull'introduzione di un Lodo per le cariche più alte della Repubblica tramite legge costituzionale. Sia chiaro: personalmente non sono contrario a priori a uno Scudo, ma non in questo caso. Anche perché rende perfettamente a quale livello sia caduta in basso la maggioranza per applaudire così a una così chiara e palese provocazione. Tutti i dissidi, manifesti e non, sono solo un pretesto. Il vero scopo è un altro: raggiungere in tempi brevi le elezioni anticipate e contare in quel momento chi è pronto a sostenerlo e chi no in un nuovo, fallimentare, Predellino 2. Ma sinceramente, quanto vale un Lodo, invece di tanta noncuranza e vigliaccheria?

mercoledì 11 novembre 2009

La Verità

Simone Bressan è un grande. Per me è uno di quei ragazzi che meritano molto, che si impegnano profondamente nella vita sociale e politica e che per questo devono essere presi a modello. Peccato che, nonostante la comune appartenenza alla galassia conservatrice, ci ritroviamo in due partiti opposti. E spesso questa divergenza di appartenenza ci costringe a piegare a nostro favore la verità. Anch'io tante volte sono caduto in questo tranello (il mio moderatismo antiberlusconiano è conosciuto) e capita quindi che chi legga non si facci un'idea completa e obiettiva. Se quindi io sono un antiberlusconiano, Simone (mi perdoni se non è così) può essere definito un "anticasiniano". Su questa scia, infatti, si colloca anche il suo ultimo post: "Aiutatemi". Il titolo è preoccupante: cosa sarà mai successo? Per capirlo basta leggere le prime righe. Simone infatti è seriamente confuso dai movimenti che in questi giorni si stanno verificando al Centro e, credetemi, in una certa misura lo capisco. E' stato tutto troppo rapido, troppo confuso, ma profondamente eccitante e emozionate. Dopo mesi di tira e molla e di "esco dal Pd" "no, resto", finalmente qualcosa si è mosso: l'uscita di Rutelli è stata la miccia che ha fatto esplodere la polveriera e le forze che si sono messe in movimento sono peggio degli elettroni intorno al nucleo di un atomo. Simone però mi pare poco convinto della consistenza di questo progetto. Scrive infatti: "Io non c’ho capito una beata mazza. E ho già nostalgia del nostro imperfetto e muscolare bipolarismo." E allora, con tanta umiltà e buona volontà, provo io a spiegare come stanno le cose. Intanto partiamo da un presupposto fondamentale: la politica è in continua evoluzione (panta rei direbbe il buon vecchio Eraclito) e in questo campo l'ultima parola è sempre la penultima. Converrai con me, Simone, che le contraddizioni poi sono pane quotidiano per i politici. Non solo quelli centristi. Nella compagine governativa che ti rappresenta direi che ce ne sono molte. Dobbiamo forse ricordare che il Presidente della Camera Gianfranco Fini bollò il Pdl come "comiche finali" salvo poi sciogliere An e entrarvi una volta capito come tirava il vento? O quella straordinaria di Bossi che nel 96 disse che "Berlusconi è un mafioso e che Cosa Nostra era nata da Fininvest"? Non continuo solo perché non voglio che questo sia l'ennesimo post contro Qualcuno e sia invece il punto di inizio di un confronto positivo e costruttivo. Allora, dicevamo dei movimenti centristi. Dunque, sono del parere che per comprenderli al meglio serva un'analisi attenta e profonda: Rutelli, all'indomani della vittoria di Bersani, è uscito dal Pd. Oggi ha annunciato la fondazione di un nuovo MOVIMENTO (e non un partito): "Alleanza per l'Italia". Hanno aderito Lorenzo Dellai, Massimo Calearo, Linda Lanzillotta, Gianni Vernetti dal Pd; Bruno Tabacci dall'Udc; Pino Pisicchio, Aurelio Misiti e Giuseppe Astore dall'Idv; e alcuni liberali e repubblicani da forze minori. Il nuovo Centro non nasce per escludere, ma per includere. E se lo si fa "appassionatamente" meglio ancora! Casini e Rutelli non sono in contrapposizione: lavorano entrambi per lo stesso proposito. In fondo, non è così per qualsiasi partito? Con una differenza però: noi non metteremo insieme tutto il contrario di tutto e soprattutto non abbiamo intenzione di tornare al passato. Al contrario: chi è che vuole necessariamente che il sistema politico non cambi sono altri. La paura che il bipolarismo crolli per dare vita a un nuovo sistema preoccupa noi o voi? La risposta mi pare evidente. Come evidente mi pare che la Verità non è propriamente quella che hai descritto tu, mio caro Simone.

martedì 10 novembre 2009

Ora anche Di Pietro ha le sue 10 domande

L'Italia dei Valori di Antonio Di Pietro è in pezzi: scontri intestini tra fazioni avverse, minacce di scissioni e fuoriuscite di deputati. Non manca niente nella nuova telenovela (rigorosamente sgrammaticata) "Casa Di Pietro". Dopo l'improvvisa fortuna e il balzo in percentuale dovuto all'incapacità politica del PD di arginare la perdita dei consensi, Di Pietro adesso è nei guai sino al collo: Luigi De Magistris, infatti, guest star delle elezioni europee e novello "fratello siamese" dell'ex pm, sta costruendo una fronda movimentalista e giustizialista all'ennesima potenza da opporre al germe moderato e liberaldemocratico che un tempo formava il nucleo del partito. Non bastavano i deputati ex dc come Pino Pisicchio hanno già abbandonato il partito, confluendo nella nuova forza rutelliana, ora ci si mette anche la base e gli amici: ieri ha ricevuto anche lui le sue belle dieci domande da parte di MicroMega, redatte da personaggi del calibro di Salvatore Borsellino e Andrea Scanzi. Sono tutte molto interessanti, soprattutto per comprendere al meglio i movimenti di questi giorni. Da parte di Borsellino ci sono soprattutto domande relative alla vita interna del partito, con la richiesta dell'introduzione delle primarie per la scelta democratica del leader, e alcune sottolineature riguardo le contraddizioni circa i requisiti di ricandibilità. Scanzi, giornalista de La Stampa, invece, pone l'accento sulla questione principale: ma quanto durerà l'Idv? Riuscirà a sopravvivere al dopo Berlusconi o sarà risucchiata nel post vortice? E Sonia Alfano o Gianni Vattimo, si chiede il giornalista, erano solo specchietti per le allodole? Caro Onorevole, aspettiamo le sue risposte.

    Le domande di Salvatore Borsellino

    1) Di Pietro ha detto in una intervista che nelle liste di IDV non c’è un solo caso di incandidabilità, di immoralità e che tutti gli eletti e i candidati hanno il certificato penale al seguito, precisando che si intende per “immoralità” l’essere condannato con sentenza definitiva. Si rende conto l’Idv che, secondo questa lettura, un personaggio come Marcello Dell’Utri, non ancora condannato in via definitiva, sarebbe da ritenersi candidabile?

    2) Nella stessa intervista Di Pietro ha affermato che Orazio Schiavone non è “neanche più condannato” perché il suo reato, secondo la “normativa successiva non è più neanche reato”. Lei ritiene che l’Idv possa candidare persone che hanno commesso reati che tuttavia, grazie alle depenalizzazioni del governo Berlusconi – ad esempio il falso in bilancio – “non sono più neanche reati”? Per quanto riguarda Porfidia, Di Pietro dice che non è vero che è indagato per il 426 bis, ma per un “banalissimo abuso d’ufficio” di quando era sindaco. Non pensa che la base di IDV, soprattutto i giovani, vogliano essere rappresentati da persone che non abbiano commesso neanche dei “banalissimi abusi”?

    3) Di Pietro ha affermato che su 2500 eletti nell’IDV ci sono appena 32 persone che provengono da esperienze politiche precedenti. La cifra sembra molto bassa, ma se anche fosse, non pensa che sia un problema che queste persone abbiano in parecchi casi una storia caratterizzata da disinvolti salti da uno schieramento all’altro che dimostrano, se non altro, una spiccata tendenza all’opportunismo e al trasformismo?

    4) Nel raduno di Vasto sono intervenuto dicendo che per la prima volta avevo accettato di partecipare ad un raduno nazionale di un partito perché in quel partito mi sentivo a casa mia e con me si sentivano “a casa” i tanti giovani che si riconoscono nel movimento delle “Agende Rosse”. Dissi anche che mi sarei sentito a casa mia fino a quando anche quei giovani si fossero sentiti a casa loro. Possiamo sperare, sia io che questi giovani, che il processo in atto per fare veramente diventare IDV il partito della Giustizia, della Legalità, della Società Civile prosegua ed arrivi a compimento in maniera da farci sentire “definitivamente” a casa nostra?

    5) Non pensa che sarebbe necessario dare una ulteriore spinta alla democratizzazione interna arrivando a pensare ad un segretario eletto dalla base attraverso delle primarie? Negli incontri che faccio in tutte le regioni d’Italia, per la maggior parte organizzati da giovani, raccolgo un diffuso senso di disagio: molti sono entrati con entusiasmo in IDV ma oggi si sentono scoraggiati perchè non hanno la possibilità, a causa degli ostacoli posti dai dirigenti locali del partito, di tradurre in attività concreta la loro adesione. Non crede che questa situazione possa portare questi giovani ad un passo indietro rispetto alla loro militanza in IDV, e a frenare l’ingresso di tanti altri giovani che potrebbero essere una iniezione di forze nuove, attive e spesso entusiaste?

    Le domande di Andrea Scanzi

    6) L’Italia dei Valori è diventato il privilegiato approdo di molti delusi da sinistra, più per demeriti altrui che per meriti propri. E’ un partito che usufruisce di voti fluttuanti, radicalizzati ma non radicati. Un voto “in assenza di”: non un’adesione pienamente convinta. Quando scatterà – se scatterà – l’appartenenza?

    7) L’immagine attuale dell’Italia dei Valori è quella di un partito in cui le personalità maggiori coincidono con Di Pietro e De Magistris: due ex magistrati. E’ normale o piuttosto il segnale che il “giustizialismo” può diventare un assillo, quasi una devianza patologica?

    8) La questione morale è centrale nell’Italia dei Valori. L’inchiesta di MicroMega sembra però avere infastidito la nomenklatura. Per chi fa politica come l’Idv, sempre sull’orlo del populismo, è costante il rischio che a furia di fare i Robespierre prima o poi spunti un Saint-Just a rubarti scena (e testa). Non è per questo particolarmente sbagliato minimizzare i problemi interni (per quanto inferiori alla media)? Non avvertite l’esigenza di dimostrare che le Sonia Alfano e i Gianni Vattimo non erano specchietti per le allodole?

    9) Il momento più basso dell’Idv è stato il voto contrario alla Commissione d’Inchiesta sulle mattanze a Bolzaneto e Scuola Diaz, quando il vostro partito era al governo. E’ di queste settimane il calvario di Stefano Cucchi. L’impostazione “poliziottesca” dei quadri dirigenziali dell’Idv (emblematico il caso Giovanni Palladini) può portare a una sottovalutazione di vicende analoghe? La vostra attenzione alla legalità contempla anche il garantismo e il coraggio di non reputare intoccabili magistrati e forze dell’ordine?

    10) L’Italia dei Valori prospera per la risibile debolezza del Pd e perché il bipolarismo italiano è drammaticamente atipico: non centrosinistra e centrodestra, ma berlusconiani e antiberlusconiani. Questa radicalizzazione avvantaggia un partito di lotta come l’Idv: di lotta, ma non di governo. Cosa farà l’Italia dei Valori quando Berlusconi non ci sarà più? Non è un partito che, paradossalmente, per prosperare ha bisogno anzitutto del Nemico?

lunedì 9 novembre 2009

La strategia di Tabacci

Bruno Tabacci, già leader della Rosa Bianca, ha lasciato l'Unione di Centro per aderire al gruppo misto in vista della concretizzazione del progetto centrista di Francesco Rutelli. Il mio primo giudizio è negativo: Tabacci ha sempre lavorato per potenziare il Centro e il progetto della Costituente. Allora che senso ha abbandonare tutto quello a cui ha lavorato finora e partecipare alla costituzione di un altro partito, per altro ancora in aria come quello di Rutelli? Mi dispiace soprattutto per le parole dure e ingrate che ha usato riferendosi a Casini e all'apparato dirigente e per l'intempestività della sua scelta: ben ha detto Savino Pezzotta che non seguirà Tabacci e resterà nel gruppo Udc. In questo momento di grande concitazione è inutile dividersi! Meglio unirsi e incontrarsi fin da subito. La credibilità del nostro progetto non è in discussione, come testimonia questo articolo sul Foglio: Casini sembrava destinato all'irrilevanza e invece viene corteggiato in questi giorni sia da Berlusconi che da Bersani. E' necessaria allora un'analisi più attenta delle mosse di Tabacci. Il deputato centrista, infatti, è sempre stato uno degli ideologi dell'allargamento dell'area centrista, anche a personaggi con passati diversi e culture un tempo antitetiche. Anche quando aveva dato vita alla Rosa per l'Italia il suo progetto era questo: la contingenza delle elezioni lo aveva costretto a stringere un'alleanza stabile con l'Udc. Adesso ci riprova: nel gruppo misto coagulerà deputati come Giuseppe Giulietti, i liberaldemocratici ex diniani e gli ex dipietristi. Tutti da portare in dote a Rutelli. Questa è la sua strategia. Domandina però: che bisogno c'era di andarsene? L'arrivo deve o non deve essere unico?

Discorso Palermo 8-11-2009

Di seguito il discorso che il nostro coordinatore uscente, Giuseppe Portonera, ha tenuto ieri all'assemblea regionale dei Giovani Udc siciliani.

Cari amici, grazie per avermi dato l’occasione di prendere la parola all’interno di questa splendida giornata. Oggi da tutta la Sicilia i vari gruppi cittadini e provinciali dei Giovani Udc si sono dati appuntamento per decidere del proprio futuro: un futuro ancora tutto da scrivere e in continua evoluzione ogni giorno che passa. Una sfida aperta che tutti noi abbiamo accolto con coraggio e umiltà, per completare un progetto innovativo e straordinario di cui da molto tempo si sente il bisogno. Ho cominciato a fare politica attiva all’interno dell’Udc da circa un anno e mezzo. Da allora ho sempre aspettato con ansia il decollo del progetto della Costituente di Centro, che sfociasse nella nascita di un nuovo partito moderato composto non solo da democristiani, ma che riuscisse a sintetizzare culture simili e a unire uomini con storie diverse. Proprio in questi giorni sembra che quel progetto abbia preso finalmente quota: dopo l’addio di Rutelli, Dellai e Calearo al Pd e lo spostamento a sinistra di questo partito, si sono liberate nuove energie dinamiche che dobbiamo essere pronti a intercettare e a sfruttare. Ma per farlo tutti noi dobbiamo essere pronti a metterci in gioco e essere disposti a fare non uno, ma due passi indietro se questo servirà a farne tre avanti. La bellissima frase di Don Luigi Sturzo che fa da sfondo alla nostra assemblea descrive nel migliore dei modi la nostra missione: il nuovo partito nasce sotto la spinta di emozioni, di sentimenti, di progetti nobili. Non di interessi partitici. È questa la dimostrazione più lampante e evidente che l’Udc, non è la casa degli opportunisti come qualche malinformato vorrebbe fare credere. Qualche tempo fa spulciando i documenti, gli articoli e gli scritti del filosofo Augusto Del Noce, mi è capitato di trovare una sua frase che a mio avviso coglie in pieno le potenzialità e la vera natura del Centro. Egli lo definiva, infatti, fedeltà creatrice. Non vi pare che siano le parole più adatte a descriverci? Solo restando fedeli ai propri principi, infatti, si può essere capaci di innovare veramente. Come si potrebbero spiegare altrimenti i movimenti di questi giorni? L’uscita di Rutelli dal Pd, le parole dell’ex ministro Beppe Pisanu sono solo la punta dell’iceberg: già a livello locale, da mesi il nostro partito ha conosciuto un travaso enorme di amministratori e di politici, come avvenuto ad esempio a Lentini, la mia città, dove il gruppo consiliare è cresciuto grazie all’adesione di quattro nuovi membri. Il segretario Lorenzo Cesa ha ripetuto più volte che questo è frutto del lavoro fatto tra la gente e non nelle sedi di partito. Sono perfettamente d’accordo: è il partito che deve andare tra la gente e non il contrario. Il movimento studentesco StudiCentro, che mi onoro di rappresentare per la provincia di Siracusa, ne è la riprova. Siamo nati da poco, ma siamo già sulla bocca di tutti! Abbiamo partecipato allo sciopero generale indetto dai maggiori sindacati il 9 ottobre scorso e abbiamo portato in piazza centinaia di ragazzi per dimostrare a tutti che moderato non significa opportunista e amante dei compromessi, ma capace di far valere la propria voce forti della propria identità e coscienza. Lo abbiamo fatto anche in occasione della recente sentenza europea sul Crocifisso, che consideriamo non una prova di sana e costruttiva laicità, ma solo l’ultima prova della pavidità dell’Europa e della sua ostinazione a non riconoscere il valore fondante che il Cristianesimo ha avuto nella storia del Vecchio Continente. Abbiamo anche presentato la lista StudiCentro in occasione delle elezioni per il rinnovo della Consulta Provinciale e abbiamo conquistato un risultato straordinario: il 99 per cento dei voti totali. Sono rimasto personalmente positivamente colpito. Non mi aspettavo questo risultato, che è sì un grande onore, ma anche una grande responsabilità. La responsabilità che dovrebbe contraddistinguere ogni azione di un buon politico e amministratore: l’obbligo morale e deontologico di fornire risposte certe alle domande degli elettori e dell’opinione pubblica. Ma perché questo possa accadere è necessario tornare a una legge elettorale che ripristini le preferenze alle elezioni politiche: c’è bisogno di ricreare quel rapporto di fiducia tra elettore e eletto. Il parlamento non può essere scelto da quattro Caligola che selezionano i deputati a secondo della loro prestanza fisica e della loro cieca fedeltà al leaderino di turno! Sono entusiasta del fatto che il nostro partito stia portando avanti queste proposte: come quella per gli aiuti fiscali alle famiglie numerose e soprattutto per la moratoria internazionale sull’aborto in cui crede fermamente il nostro presidente Rocco Buttiglione! Insieme agli amici del mio gruppo, adesso, abbiamo in cantiere una serie di proposte innovative che spero incontreranno anche il vostro favore: in cima alle priorità c’è l’attivazione di una Web Tv che diventi un modo per assicurare la diffusione più ampia alle nostre proposte e alle nostre attività, da coniugare con un uso massiccio e sapiente degli altri mass media. Il momento, secondo me, è propizio anche a livello regionale: Gianfranco Micchichè, infatti, ha dato vita al Pdl Sicilia. La più grande pagliacciata degli ultimi tempi. Sulla falsariga di Raffaele Lombardo, il sottosegretario al CIPE ha proclamato qualche giorno fa la propria volontà di costruire un partito del Sud federato al Pdl nazionale sul modello della Cdu-Csu. Con la nascita del nuovo gruppo, inoltre, gli equilibri della coalizione di centrodestra, già devastata dalle pazzie targate Lombardo, sono ancora più a rischio: con due Pdl (uno lealista, l'altro ribelle) che si fanno la guerra senza esclusione di colpi, un Mpa in mezzo al guado degli scontri intestini all'interno del Pollaio delle Libertà, l'unico partito veramente avvantaggiato da questo momento di smarrimento e di difficoltà è proprio l'Udc. Sembravamo destinati a scomparire dopo le dimissioni del presidente Totò Cuffaro. E invece non è stato così. Lo abbiamo dimostrato anche alle recenti elezioni europee. Nonostante la cacciata dalla giunta regionale abbiamo mantenuto intatti i nostri voti e abbiamo assunto un posto di rilievo nel quadro delle opposizioni al governo Lombardo. E la mossa scissionista e ribelle di ieri giunge nel momento migliore. La spaccatura del Pdl è stata talmente plateale da indebolirlo fortemente, minandone la rete di potere e la struttura di controllo. I lealisti non resteranno con le mani in mano e cercheranno nuove strade, se Alfano e Schifani non saranno in grado di dare risposte concrete subito. A quel punto i movimenti messi in atto sbloccheranno il blocco del voto moderato e noi centristi saremo pronti a offrire un riparo sicuro a quei delusi. Dopo di che la ripercussione su scala nazionale è scontata. Dobbiamo forse dimenticare che ciò che succede in Sicilia è sempre l'anticamera degli scenari politici italiani? Dove è nato il primo centrosinistra e dove si è avvertito per la prima volta il crollo della Democrazia Cristiana? Ha ragione Debora Serracchiani: se il Pdl crolla qui, l'impero berlusconiano è davvero finito. Ed è per questo che noi dobbiamo essere pronti fin da ora. Vedete, sono del parere che il Partito della Nazione non debba nascere per diventare un contrappeso alla Lega e sperare solo di sostituirlo al Governo. Non dobbiamo essere alternativi a Bossi, dobbiamo esserlo a Berlusconi! È l’elettorato moderato-conservatore, che magari vota senza passione e con disillusione il centrodestra solo perché ha paura della Sinistra, che dobbiamo conquistare ed ereditare. Sarò ingordo o eccessivo, ma il 14 per cento che il presidente Casini ha auspicato deve essere solo un punto d’inizio. L’arrivo deve essere una percentuale molto più alta e consistente! Quest’oggi è solo l’inizio del nostro cammino. Per arrivare sino in fondo è necessaria la collaborazione e l’impegno di tutti. Io, insieme ai miei amici e al mio gruppo ci saremo. Perché come ripeteva don Luigi Sturzo “un programma politico non si inventa, si vive”. E allora, cari amici, viviamo questo programma, questo cammino, quest’avventura affinché la lezione dei “liberi e forti” non sia dimenticata. Grazie!

sabato 7 novembre 2009

Caro Marini, abbiamo bisogno di voi

Carissimo Presidente Marini, ho appena finito di ascoltare il suo discorso all'assemblea nazionale del Partito Democratico. Devo dire che sono deluso, fortemente deluso: che senso ha dire che voi Popolari volete le chiavi del Pd? O reclamare la vostra fetta di torta in base al 35 per cento conquistato con la mozione Franceschini? Cosa ve ne fate di un vicesegretario adesso? Ormai è inutile. Avete combattuto a lungo, sino alla fine: avete creduto davvero che uno di voi potesse riuscire a vincere il congresso e diventare segretario. Peccato abbiate sbagliato candidato! Dario Franceschini, più che un ex dc sembrava un estremista dipietrista: è arrivato pure a rinnegare le proprie radici e la propria cultura di riferimento. Mi spiega, caro presidente, che senso abbia lottare con Ignazio Marino sui temi della laicità, dire che "Paola Binetti va espulsa dal partito" e ricordare che quando era giovane organizzava i convegni per capire se si potesse parlare di "sinistra Dc o di sinistra nella Dc"? Io non riesco proprio a trovarlo. Quando avete sciolto il PPI per dare vita alla Margherita, secondo me, avete fatto una cosa buona e giusta. Le posso assicurare una cosa: al progetto di un Democratic Party americano assomigliava di più Democrazia e Libertà che questo amalgama mal riuscito di cui oggi lei chiede le chiavi! Un moderato, un popolare cosa fa in questo partito? Ve lo dico io: un grazioso suppellettile. Grazioso ma inutile. Siete davvero disposti a fare da fronzolo alla cornice di questo quadro? Siete davvero disposti a rinunciare alla vostra autonomia, alla vostra intelligenza politica, solo per non mettervi in gioco ancora una volta? Dopo la tragica scomparsa della Dc, siete stati disposti a non cedere alla grinfie berlusconiane e avete dato vita all'unico partito di Centro capace di mantenere il 15 per cento fuori da ogni schieramento. La legge elettorale e il sentire del tempo non vi sono stati amici. Una serie di errori tattici e strategici vi hanno indebolito: ma non siete scomparsi, anzi! L'esperienza della Margherita (il 14 per cento la prima volta, l'11 la seconda) vi ha ridato ossigeno e speranza. Ma poi avete sciolto il vostro partito così, senza pensarci a lungo, senza né garanzie né certezze. E ora vi ritrovate a ricordare al nuovo segretario di esistere e di contare. Caro Presidente, tutto ciò non è mortificante? Se oggi esiste una forza, l'Udc, che sembrava essere destinata ad essere stritolata nella morsa bipartitica di Pd e Pdl e che ora viaggia intorno all'8 per cento dei consensi, questo vuol dire che gli Italiani sentono il bisogno di avere un Centro forte. E' un progetto che noi coltiviamo da tempo e che finalmente sembra essere decollato. Ma sento, dal basso della mia ignoranza, che in questo cammino ci manchi davvero un compagno: ci mancate voi! Abbiamo bisogno del vostro cristianesimo sociale e democratico, del vostro popolarismo sturziano e degasperiano. Abbiamo bisogno dei vostri valori perché sono anche i nostri! Lei oggi nel suo discorso ha detto che il Pd è forte, che 3 milioni di persone alle primarie sono un segno di grande vitalità. Insomma. In un Pd che viaggia sotto il 30 per cento, considerando il valore della mozione Franceschini (35%), i Popolari hanno una forza che viaggia tra il 9-10 per cento dei consensi reali ed elettorali. Certo, a questo bisogna sottrarre i voti di Rutelli, ma in ogni caso avreste sempre una forza considerevole. Se sfruttata in un contesto in cui il vostro contributo sia non solo ben accetto, ma ritenuto indispensabile e fondamentale! Attraverso il Clandestino Web ho saputo della riunione che avrete stasera insieme a Beppe Fioroni, in cui analizzerete le conseguenze dell'uscita di Francesco Rutelli, Massimo Cacciari e Massimo Calearo. Spero, davvero, che possiate fare la scelta giusta e che, mettendo da parte vecchi rancori e asti lontani, possiate far parte del nostro progetto.

giovedì 5 novembre 2009

Ci siamo!

Il Pd di Bersani perde un altro pezzo. Massimo Calearo ha annunciato infatti la sua svolta personale: "io di sinistra non sono mai stato. Questo Pd non fa più per me". Mossa già da tempo attesa e di certo comprensibile. Il deputato veneto non ha detto nulla riguardo il suo futuro politico, ma l'approdo pare scontato: l'adesione al progetto di Rutelli è ovvio. Dove potrebbe andare altrimenti? Il nuovo progetto centrista, in fondo, corrisponde all'idea originaria del Pd: un partito moderato e riformista che sappia coniugare le culture popolari, liberali e democratiche. Il transfuga è stato ben accolto da Lorenzo Dellai, vero deus ex machina dell'operazione rutelliana, che ha letto l'abbandono come il segno tangibile dell'evoluzione del quadro politico italiano e della presa di coscienza del fallimento del bipolarismo. Al Centro stanno per convergere anche altre forze: prime fra queste l'ala moderata e di provenienza Dc dell'Italia dei Valori. Il deputato pugliese, infatti, ha confidato a Liberal il suo passaggio che dovrebbe avvenire entro la fine della settimana, accompagnato dai deputati Aurelio Misiti e Antonio Razzi e il senatore Giuseppe Astore. Adesso a conti fatti il neogruppo rutelliano dovrebbe riuscire a raggiungere i 20 deputati alla Camera, aiutato magari da qualche trasfusione pidiellina (si legga Beppe Pisanu e Marcello Pera). Più difficile raccogliere 10 senatori. Ma si potrebbe ripiegare con un'adesione diretta al gruppo Udc-Svp con la formazione di una componente autonoma. Tutto questo dovrebbe avvenire entro la metà di Novembre, con la nomina dei capigruppo, la formazione stabile del partito e il raggiungimento di un accordo forte con Casini e l'Udc. Rutelli, infatti, è stato chiaro: il suo gruppo non può aderire direttamente a un partito con connotati fortemente democristiani. Ma può appoggiarsi sulle sue strutture, con una federazione dei gruppi e la costituzione di un nuovo Comitato promotore per la Costituente di Centro. Anche perché oggi è sopraggiunto un ulteriore aiuto al nostro progetto: il card. Camillo Ruini ha invitato i cattolici a cambiare partito se non si riescono più a ritrovarsi al suo interno, invito diretto soprattutto ai Popolari di Marini e Fioroni ad uscire dal Pd (come da noi già anticipato tempo fa). Nel frattempo Casini e l'Udc gongolano. I sondaggi danno l'Udc stabile all'8 per cento e il 15 per cento pronosticato tempo fa non è più un miraggio. La Kadima italiana sta per nascere ormai: prima verrà l'accordo per le regionali con liste Udc affiancate da liste civiche rutelliane e poi ad aprile-maggio il primo congresso, magari dopo una crisi primaverile del Governo Berlusconi. A quel punto le acque saranno ottimali per la navigazione, come spiega Marco Damilano su L'Espresso: un rassemblament centrista con politici, intellettuali, Cisl e associazioni bianche sarà l'arma più potente per mettere la parola fine a 15 anni di Berlusconismo.

mercoledì 4 novembre 2009

Se senza volerlo Micchichè fa il bene dell'Udc

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Gianfranco Micchichè ha dato vita al Pdl Sicilia, ovvero alla più grande pagliacciata degli ultimi dieci anni di politica siciliana. Sulla falsariga del Mpa e della rivolta dei quarantenni dell'Udc, il sottosegretario al CIPE ha proclamato ieri la propria volontà di costruire un partito del Sud federato al Pdl nazionale sul modello della Cdu-Csu. Hanno aderito ben 15 deputati, compresa la corrente dei fedelissimi finiani. C'è chi sospetta addirittura che dietro tutto ci sia proprio il Presidente della Camera, che da tempo oramai (prima i contatti con il Pd, poi il progetto Kadima con Rutelli e Casini) cerca di creare sempre più grane a Berlusconi. Al nuovo gruppo all'Ars hanno aderito i deputati regionali: Arico', Marrocco, Gentile, Scilla, Currenti, Incardona, Marinese, Scammacca, Mineo, Greco, Nicotra, Cristaldi, Bufardeci, Adamo, Cimino. Bufardeci e Cimino sono inoltre assessori del governo Lombardo, rispettivamente alla Cooperazione e all'Agricoltura. Primo grande risultato di questa pagliacciata: il Pd (che ricordiamolo, alle elezioni regionali era andato malissimo) è diventato il primo partito all'Ars. Complimenti davvero. Ma il mio discorso si concentra su un altro punto. Con la nascita del nuovo gruppo gli equilibri della coalizione di centrodestra, già devastata dalle pazzie targate Lombardo, sono ancora più a rischio: con due Pdl (uno lealista, l'altro ribelle) che si fanno la guerra senza esclusione di colpi, un Mpa in mezzo al guada che non sa su chi appoggiarsi e spera invece (hai voglia!) di crescere approfittando degli scontri intestini all'interno del Pollaio delle Libertà, l'unico partito veramente avvantaggiato da questo momento di smarrimento e di difficoltà è proprio l'Udc. Giovanni Nocera, coordinatore liberal della Sicilia, ritiene che il nuovo gruppo di Micchichè costituisca un problema per i centristi, che potrebbero uscire ridimensionati e rischierebbero di perdere un buon bottino di voti moderati. Personalmente non sono dello stesso parere: l'Udc in Sicilia sembrava destinato a morire dopo le dimissioni del presidente Totò Cuffaro. Considerati un partito clientelista e raccattatore era evidente che in quel caso saremmo morti davvero. E invece non è stato così. Lo abbiamo dimostrato anche alle recenti elezioni europee. Nonostante la cacciata dalla giunta regionale abbiamo mantenuto intatti i nostri voti e abbiamo assunto un posto di rilievo nel quadro delle opposizioni al governo Lombardo. E la mossa scissionista e ribelle di ieri giunge nel momento migliore. La spaccatura del Pdl è stata talmente plateale da indebolirlo fortemente, minandone la rete di potere e la struttura di controllo. I lealisti non resteranno con le mani in mano e cercheranno nuove strade, se Alfano e Schifani non saranno in grado di dare risposte concrete subito. A quel punto i movimenti messi in atto sbloccheranno il blocco del voto moderato e noi centristi saremo pronti a offrire un riparo sicuro a quei delusi. Dopo di che la ripercussione su scala nazionale è scontata. Dobbiamo forse dimenticare che ciò che succede in Sicilia è sempre l'anticamera degli scenari politici italiani? Dove è nato il primo centosinistra e dove si è avvertito per la prima volta il crollo della Democrazia Cristiana? Ha ragione Debora Serracchiani: se il Pdl crolla qui, l'impero berlusconiano è davvero finito.

martedì 3 novembre 2009

Il Crocifisso non si tocca!

Una sentenza vergognosa quella promulgata dalla Corte Europea. Ancora una volta gli sbracati laicisti hanno dimostrato la propria pavidità, la paura del riconoscimento della validità e della funzione sociale che la nostra religione cristiana e cattolica ha avuto nella storia del Continente. Dice bene Casini, che considera la sentenza terribile e da aborrire e ha fatto benissimo il Ministro Gelmini a presentare ricorso da parte del Governo. Perché in questo modo, in un nome di un laicismo anticlericalista, si è disposti a cancellare una parte fondamentale di sé e della propria cultura. Che dir se ne voglia. Nessuno si ricorda di Carlo Magno e del fatto di come il cristianesimo sia stato un punto di aggregazione e di coagulamento? Nessuno si ricorda nemmeno di Palmiro Togliatti e della sua approvazione all'articolo della Costituzione che riconosceva il valore fondante del Cattolicesimo, visto non solo come religione ma soprattutto come modo di vivere e di pensare? E si parla poi di laicità positiva e dell'ora di religione islamica! Cosa diranno i finiani ora? Una cosa è certa: io il Crocifisso lo difenderò sempre. Anche a costo di essere emarginato e di sentirmi dare del retrogrado e dell'antiquato. Io alla mia storia e alla mia identità non ci rinuncio!