venerdì 11 giugno 2010

Without words

Per esprimere al meglio quanto grande sia la mia disillusione e demotivazione a seguito dell’approvazione del disegno di legge sulle intercettazioni, voglio raccontarvi la mia settimana in tre momenti.

Primo momento. Sabato scorso ho firmato, in una libreria Feltrinelli, l’appello contro la “legge bavaglio”. L’ho fatto, da moderato, in un luogo storicamente di sinistra perché, lo dico chiaramente, questa legge mi fa orrore. E non lo dico per partito preso o perché antiberlusconiano: lo dico da semplice cittadino di uno Stato liberale, consapevole che una legge tale, seppure con lo scopo dichiarato di difendere il diritto alla privacy di ciascuno di noi (?), finirebbe solo per renderci tutti meno liberi, privati della possibilità di conoscere per tempo gli scandali e le illegalità di cui si macchiano i nostri potenti. Lo dico da ragazzo sedicenne che ha ancora voglia di credere che un’Italia migliore sia ancora possibile, dove il popolo possa riscoprire l’entusiasmo per i propri amministratori, senza però perdere la possibilità di poterli controllare anche dopo averli votati. Lo dico, lo scrivo, ma mi ritrovo con una delusione amara.

Secondo momento. Fino a mercoledì scorso, riponevo ancora molte speranze nel cosiddetto gruppo dei finiani, specie dopo l’annuncio del voto di fiducia. Ero convinto, sotto sotto, che il gruppo di Gianfranco Fini avrebbe lottato fino alla fine e che, visti le decine di appelli alla legalità e all’onesta, si sarebbe rifiutato di votare una porcheria simile. E invece, anche adesso, mi ritrovo con un palmo di becco. Unica consolazione: sapere che il braccio intellettuale di Fini (Fare Futuro) e un deputato mio conterraneo che stimo molto (Fabio Granata) hanno ammesso che questa legge non può proprio essere digerita. Almeno loro. Altra consolazione (e motivo d’orgoglio)? Le parole del presidente Casini (“questa legge non mi piace”) e l’annuncio del voto contrario dell’Udc. Spero almeno che questa vicenda possa essere la pietra tombale sulla possibilità di riaccendere i rapporti con il Centro destra: almeno con questo Centro destra a trazione berlusconian-leghista.

Terzo momento. Oggi. Ho una specie di senso di vuoto. Stamattina sono uscito a comprare il giornale e, come ogni venerdì, ho preso La Repubblica: sono stato qualche secondo a fissare la sua copertina bianca. Il “semplice” post-it giallo era più eloquente di qualsiasi editoriale, commento o appello. La frase “la legge bavaglio nega il diritto di essere informati” mi si è scolpita in mente e nel cuore e, sebbene inizialmente mi abbia fatto constatare quanto fossimo scesi in basso, mi ha poi fatto capire che ora è il nostro turno. Il turno di ogni semplice cittadino, sia esso di destra, di centro, di sinistra o anarchico. Purché abbia come propria stella polare la legalità e il rispetto delle regole. Sono tornato a casa, ho acceso il computer e ho fatto tutto quello che era in mio potere: cambiando la foto e lo stato personale del mio Facebook e scrivendo questo pezzo. Ho esercitato, nel mio piccolo, il diritto ad oppormi a una legge che non condivido e che rigetto. Finché posso ancora farlo.

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