Nel bene e nel male (soprattutto) Paola Binetti è sempre protagonista delle vicende interne al PD. La psicologa numeraria dell’Opus Dei, 66 anni, voce suadente e catturante, infatti, non perde occasione per rimarcare la propria lontananza da diverse (praticamente tutte) scelte e posizioni del suo partito. Dopo essere stata la principale animatrice della corrente dei Teodem e dell’associazione Persone e Reti, la senatrice cattolica sembra ormai con tutte e due i piedi fuori dal partito. Negli ultimi giorni è stata vista a un pranzo con Pier Ferdinando Casini e Enzo Carra (ex suo sodale) e ieri si è intrattenuta in una lunghissima e fittissima discussione con Bruno Tabacci, portavoce dell’Alleanza per l’Italia. Pare che la sua fuoriuscita dal gruppo democratico sia ormai cosa fatta, mentre oscura rimane ancora il suo approdo: andrà direttamente nell’Unione di Centro, dove ad aspettarla ci sono già Carra, Lusetti e Bianchi, o si farà mediare da Rutelli e dall’Api? Di sicuro, nel frattempo, fa di tutto per ricordare al mondo che i Teodem non sono morti e lottano ancora. Oggi su Europa, infatti, insieme a Luigi Bobba, Enzo Carra, Marco Calgaro e Donato Mosella ha sottoscritto una lettera dal titolo molto forte: “I Teodem non sono finiti”. L’articolo nasce come risposta ad un altro pezzo, pubblicato sempre su Europa e a firma di Mario Lavia, secondo il quale all’origine della diaspora teodem non ci sia una questione cattolica, ma il disgregamento della componente rutelliana nel Pd, che dopo la fondazione di Alleanza per l’Italia, è rimasta orfana della sua guida e del suo padre nobile. Quello che colpisce, infatti, è che lo sfarinamento di questo gruppo alle prese vada di pari passo con l’esigenza di aggiornare la sua linea e di produrre una nuova e coerente proposta politica: i Teodem sembrano in piena crisi di identità. La loro volontà di difendere integralmente i principi del cristianesimo democratico cozza sempre di più con il profilo laico e a volte massimalista che il Pd sta assumendo. Molti se ne sono già andati e così lo “scioglimento al sole” del gruppo appare tanto più sorprendente in quanto riguarda una componente di cui tutto si può dire tranne che non fosse attrezzata e organizzata dal punto di vista culturale e morale. La “diaspora” assomiglia quindi di più ai tristi tramonti dei gruppetti politici che non ad un esito alto e consapevole: e pensare a quanto hanno contato in questi anni, dal punto di vista della discussione politica e culturale, nella vita prima della Margherita e poi del Pd, specialmente quando si trattava di votare provvedimenti in materia etica e sociale. La loro nascita risale alle elezioni del 2006, quando il card. Camillo Ruini invitò Francesco Rutelli a sistemare nelle liste della Margherita un gruppo di cattolici legati alle associazioni sociali di settore. L’ex sindaco romano, impegnato com’era a diventare il nuovo leader del cattolicesimo di popolo, accettò di buon grado la proposta ecclesiastica e blindò le varie candidature suggerite. La stessa situazione venne replicata nel 2008, ma è a seguito delle dimissioni di Walter Weltroni dalla segreteria del partito che i guai cominciano a farsi sentire, sino ad arrivare ad oggi e alla disperata lotta per la sopravvivenza. Con gli ovvi risultati che conosciamo: i deputati sono passati da 7 a 2 e i senatori da 5 a 4. Oggi la loro permanenza nel Pd non ha più senso: con il progetto di un nuovo partito moderato cosa si aspetta a compiere l’unica scelta saggia? Possono continuare ad avvallare le scelte radicali e comuniste che l’inerme dirigenza Pd ha compiuto in questi giorni? Quella ricca elaborazione culturale e morale, di cui si sono sempre fatti portatori può sopravvivere e fecondare solo un humus disposto ad accogliergli in funzione della loro identità e autonomia. I Teodem, che spesso possono essere sembrati troppo arroccati nelle loro posizioni, fedeli ai loro (che sono anche i nostri) principi, devono essere disposti a rimettersi in gioco all’interno di una cornice politica e sociale nuova e più vasta. Fuori dal Pd e dentro al Centro. È compito dell’Udc favorirne l’integrazione: il nuovo partito potrà nascere solo se saprà comunicare con il mondo dell’associazionismo laico e cattolico da cui provengono spesso i Teodem: le Acli, la Fuci, la Comunità di Sant’Egidio, le Coop bianche, l’intergruppo per la Sussidiarietà e le fasce più moderate di Comunione e Liberazione e dell’Opus Dei. Perché, infatti, quest’occasione non vada sprecata è necessario che all’appello non manchi nessuno. E tra questi un ruolo chiave lo rivestono proprio i Teodem.
giovedì 28 gennaio 2010
domenica 24 gennaio 2010
Perché la fusione tra Udc e Api non può più attendere
giovedì 21 gennaio 2010
Perché l'Eco-fede esasperata non ci salverà
Avatar è un film stupendo. Su questo mi sembra non ci possano essere dubbi: James Cameron ha impiegato talmente tanti effetti scenici e artifici cinematografici da imprimere nella mente di guarda il film l’impressione che il magico mondo di Pandora, ultima oasi verde eco sostenibile, esista veramente. E così si finisce per perdere di vista (è proprio il caso di dirlo) il contesto e il vero significato dell’opera. Tutta la trama ruota intorno al marine disabile Jake Sully che, grazie alle meraviglie tecnologiche, occupa il corpo di un altissimo alieno di oltre 3 metri e viene inviato sul mitico pianeta Pandora alla ricerca di un fantastico minerale. Inevitabilmente, però, sceglie di schierarsi dalla parte dei nativi ed abbraccia l’eco-fede degli abitanti di Pandora e le loro dee degli alberi, le “madri di tutto”. Insieme agli aborigeni e al contributo dell’ecosistema pandoriano, decide quindi di combattere per la difesa del pianeta contro le forze malvagie e colonizzatrici del suo stesso popolo umano. Ed ecco dove sta l’inganno: il messaggio che il film rischia di far passare è quello esclusivamente ecologista e eco-centrista. Molti critici, specie americani, infatti, hanno definito Avatar “un’apologia del peggior panteismo”. La critica, mossa da Ross Douthat sul New York Times, colpisce il segno anche se è stato John Podhoretz, sul Weekly Standard, a sottolineare un punto ancora più importante. “Cameron” dice Podhoretz “ha scritto Avatar non per essere controverso, ma proprio per raggiungere lo scopo opposto: ha cercato di compiacere il maggior numero possibile di persone”. Ovviamente, questo sembra essere assurdo: ma è proprio così. Tutto il pianeta Pandora è infatti una specie di gigantesco catalizzatore di energia vitale, di cui ogni creatura pandoriana si nutre, sempre tesa ad ascoltare il respiro silenzioso e profondo della natura nella sua totalità. E come un’anima da cui prendono forma i singoli organismi, così Pandora diventa la Grande Madre che lega le sue creature tra loro in un afflato universale. Con una connessione tra creature che in certi casi avviene addirittura in modo fisico, attraverso un’unione di energia e materia dei corpi che ha un che di sessuale e di mistico insieme. Molto suggestiva, ma anche molto criticabile. In un’epoca in cui le religioni ufficiali e tradizionali, infatti, sono vittime di attacchi continui e ingiustificati, si sta diffondendo una nuova sorta di spiritualità, spesso laica e materialista, che, imbevuta di dottrine filosofiche orientali, si propina all’umanità come modello efficace per trascorrere serenamente la propria vita. E in questo contesto si inscrive perfettamente l’ecologismo, che ha finito per confondere la giusta battaglia per il rispetto dell’ambiente con una vera e propria fede: molti ambientalisti cercano di mutuare la loro causa in un imperativo morale, proprio come i Na’Vi. E non è un caso che Al Gore insista tanto nel dire che il riscaldamento globale è “una sfida spirituale all’umanità” e che la campagna elettorale di Obama, caratterizzata da un fortissimo sentimento verde, si sia incentrata su una sorta di mistica attesa religiosa per il “cambiamento”. Vale allora ricordare le parole che papa Benedetto XVI ha pronunciato in occasione della Giornata mondiale della Pace: “la questione ecologica non va affrontata solo per le agghiaccianti prospettive che il degrado ambientale profila all’orizzonte; a motivarla deve essere soprattutto la ricerca di un’autentica solidarietà a dimensione mondiale, ispirata dai valori della carità, della giustizia e del bene comune”. Perché a salvarci non sarà certo l’esasperato eco-centrismo.
giovedì 14 gennaio 2010
L'Idv. Forca Italia!
mercoledì 13 gennaio 2010
Il Pdl. Il non partito.
venerdì 8 gennaio 2010
Il Pd. Ovvero lo Psico Dramma collettivo
Per la prima volta nei territori dell'ex stato pontificio si tratterebbe di ingoiare un rospo non centrista.Più chiaro di così? Ma ai cattolici (quelli veri intendo, non le vecchie volpi) va davvero bene così? Direi proprio di no. Se un ultra moderato come Pierluigi Castegnetti, che si è sempre tenuto ai margini della questione, ha pronunciato chiaro il suo no a una candidatura radicale, allora il problema non è più solo dei Teodem. C'è qualcosa di più grande e di più serio. Qualcosa che i dirigenti, evidentemente distolti da altro, non riescono a percepire. Si parla tanto di scissione dei cattolici, ma non ci si è ancora resi conto che è già iniziato un lento ma inesorabile esodo silenzioso? Non passa giorno che un consigliere comunale o provinciale o regionale non abbandoni la nave democratica, per raggiungere i lidi moderati dell'Udc (o di Api). Ultimo, in ordine di tempo, il passaggio di Pasquale Sommese, consigliere regionale campano già Rinnovamento Italiano e poi Margherita (soltanto lui ha preso 96 mila voti alle Europee), che ha scelto l'Udc. E come lui tanti altri. Mi sa che al Pd piace perdere. Gli piace proprio tanto.