Dopo lo PsicoDramma Pd, arriva il Non Partito PDL. Un partito in confusione, dilaniato da lotte di potere interne, i cui leaderini vari fanno a gara per omaggiare il loro presidente Berlusconi, e che poi alle spalle, sono pronti a tramare nei suoi confronti. L'esempio più eclatante è quello di Renata Polverini. Ma perché fa paura? Perché ha più in comune con Gramsci che con Hayek? Perché è l'esempio di una destra sociale (e non liberista) vicina alla gente? O perché è donna? E perché alcune aree del Pdl arrivano a considerare come una benedizione una eventuale sua sconfitta? Secondo me perché frutto dell'accordo stipulato tra Gianfranco Fini e Pierferdinando Casini. Cosa che ai berlusconiani doc va giù difficilmente. Anzi, non va giù proprio. Il partito azzurro per eccellenza, infatti, di azzurri ex forzisti in verità ne sta candidando proprio pochini: a parte Formigoni, infatti, praticamente non c'è nessun altro. In Veneto il Pdl ha regalato la presidenza al leghista Zaia, scaricando l'amato Giancarlo Galan (anche se l'ultima parola non è ancora stata detta); in Piemonte, stessa storia: al forzista Guido Crosetto è stato preferito il verde Cota; in Calabria è stato schierato un altro finiano, Giuseppe Scopelliti; in Campania (dopo il bidone Cosentino) hanno candidato un socialista, Stefano Caldoro, e in Puglia il Pdl rischia di candidare un'altra ex An, Adriana Poli Bortone. Gli unici candidati forzisti sicuri sono nel triangolo rosso Emilia-Toscana-Umbria, mentre in Liguria si ripresenta Sandro Biasotti, uomo di Scaiola che però non è un elemento organico al partito (come Formigoni del resto). Per capire al meglio come stiano le cose basta leggersi un bell'articolo di Ilvio Diamanti su La Repubblica della scorsa domenica: il non partito del Pdl è nel caos e per sopravvivere è indispensabile una non opposizione. Cosa che non manca. In Lazio, ad esempio, il Pd ha ufficializzato la candidatura di Emma Bonino come sfidante della Polverini: una scelta dubbia e che personalmente reputo incondivisibile, ma che (forse) può rappresentare la svolta di questa situazione politica. La Bonino, infatti, da radicale purista, è senza dubbio più liberale e liberista della Polverini, ma dopo diversi anni di militanza nel Centro Sinistra ormai è di casa: i valori economici e sociali di cui è portatrice sono perfettamente integrati nel panorama ideologico dei cespugli che prosperano intorno all'ombra del Pd. Il suo cavallo di battaglia preferito è la lotta sui diritti civili e questo l'accomuna all'estrema sinistra social comunista, da cui, in realtà, è separata da molto altro. Ecco perché se al Pdl una correzione sociale non va giù, al Pd, invece, una deriva radicale non guasta. E qualche pidiellino non esclude nemmeno di votarla. Di una cosa sono sicuro, però. L'Udc ha fatto benissimo a siglare un patto personale esclusivamente con Renata Polverini e non con il Pdl. A cui, evidentemente, l'attributo di "partito di plastica" non bastava. Quello di non partito suona più chic.
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