venerdì 18 settembre 2009

Perchè c'è tanto bisogno di (vero) Conservatorismo

Da sempre si è soliti dividere la politica tra Conservatori e Riformisti. I primi a Destra, i secondi a Sinistra. Da un po' di tempo a questa parte abbiamo assistito al lento ma inesorabile declino dei primi, la caduta quasi della stessa ideologia, considerata colpevole di non volere ammodernare la Società. Così si ritorna a riflettere sul perchè oggi ci si possa definire ancora Conservatori, senza che questo possa essere sentito come un insulto. Tutti sappiamo che il padre nobile del Conservatorismo fu Edmond Burke, l'inglese che per primo gettò le basi della cultura conservatrice. Politicamente furono assimilate da un altro grande politico inglese: William Pitt il Giovane, che diede vita al primo partito Tory della storia, a cui lo stesso Burke prese parte. Dopo quella prima assimilazione il Conservatorismo si diffuse rapidamente in tutta l'Europa e poi in America, con la nascita del Partito Repubblicano e l'esperienza di grandi presidenti come Abramo Lincoln, l'esempio storico più luminoso del fatto che di Destra non vuol dire antidemocratico. I primi a immaginare la nascita di un Partito Conservatore sul modello dei Tory in Italia furono due grandi politici: Sidney Sonnino e Luigi Federzoni. Sappiamo tutti come andò a finire: il progetto entrò nella fase costituente, ma non decollò mai. In quegli anni nacque contemporaneamente il PPI, che si definì sempre lontano dalla Destra, mentre i pochi che credevano ancora in quel progetto degenerarono nel Nazionalismo e quindi nel Fascismo. Dobbiamo però chiederci: "Se fosse esistito un forte partito Conservatore, il Fascismo avrebbe preso piede?" Probabilmente no. Dopo la Liberazione e la nascita della Repubblica non riuscì a rinascere una nuova forza conservatrice e autenticamente democratica. La Democrazia Cristiana divenne un punto di riferimento per gli apolidi della Destra. Nonostante ciò in quegli anni si formò un inestimabile patrimonio politico. Basta pensare a Giuseppe Prezzolini e al suo celeberrimo Manifesto dei Conservatori. Tra le righe si può leggere chiaramente che "Il vero Conservatore sa che a nuovi problemi occorrono nuove risposte". Quindi i Tory non sono solo tradizionalisti. Adesso abbiamo assistito a una riscoperta dell'ideologia conservatore non fascista, ma molti sono caduti nell'ignoranza e nell'incultura. Dall'America abbiamo assorbito anche il neoconservatorismo, che abbiamo declinato all'italiano. Cosa che ha cercato di fare la Fondazione Liberal , sul cui sito ho ritrovato questo testo "Sul piano teorico la Fondazione liberal ha sempre visto nel liberalismo americano e non in quello illuministico francese, nella Costituzione di Filadelfia e non in quella giacobina di Parigi, il vero presidio dell’umanesimo liberale e della libertà. Madison, Jefferson, Tocqueville sono maestri di libertà più sicuri e affidabili che non Rousseau, Saint Just o Robespierre. L’idea di una ragione con la minuscola, consapevolmente sperimentale e fallibile, strumento di ogni donna e uomo, sorella del buon senso da un lato e della fede dall’altro, ci appare assai più sicura e affidabile di una Ragione con la maiuscola che pretende di ergersi sopra ogni coscienza, avendo nello Stato e nella Scienza i due guardiani assoluti di un potere che inevitabilmente finisce per schiacciare il primato della persona nella società che è l’orizzonte primo e ultimo di ogni pensiero liberale. Conseguentemente, abbiamo sempre apprezzato e apprezziamo la filosofia pubblica americana assai più di quella continentale europea figlia della rivoluzione francese. La Fondazione liberal si è impegnata e si impegna per l’innovazione nel rapporto tra chi crede e chi non crede. Nel superamento dei vecchi steccati tra cattolici e laici, nel superamento della sindrome di Porta Pia in nome di un nuovo e fecondo dialogo. La nostra consapevolezza è che la vera sfida oggi non è quella tra guelfi e ghibellini, tra clericali e liberali come molti ancora si ostinano a credere. La vera sfida oggi è tra i liberali, cattolici e laici, che ancorano il loro pensiero e la loro azione a un principio di verità e all’idea di un bene comune e tra i non-liberali che viceversa la imprigionano in un vuoto di verità. Che legano quindi la libertà alla liceità che tutto può e dunque, infine, si condannano al nichilismo. Questa è oggi la principale sfida antropologica, culturale, politica. il mondo laico non è mai stato capace di superare la “sindrome di Porta Pia” restando sempre fermo ad una sorta di conformismo anticlericale ed elaborando, soprattutto dopo gli anni Sessanta del secolo scorso, una sorta di “filosofia progressista dei diritti” secondo la quale il benessere di una democrazia è direttamente proporzionale all’estensione di ogni tipo di diritto individuale considerando priva di fondamento l’esibizione di ogni tipo di diritto legato alla tradizione della comunità o alla salvaguardia della specie. Per noi progresso si dà, invece, quando una società riesce a trovare un soddisfacente equilibrio tra i diritti dell’individuo, quelli della comunità e quelli della specie." Interessante e anche condivisibile nei contenuti. Viene quindi spontaneo, però, domandarsi quale sia il modo di declinare al presente i valori di "Dio, Patria, Famiglia". Sono ideologie da accantonare o devono essere ancora valorizzate? Secondo me, il ruolo di Conservatore moderno deve essere quello di riscoprire i propri valori, moderati e nazionali, e attualizzarli. Oggi ormai pare che l'unico a credere veramente in "Dio, Patria e Famiglia" sia solo l'Udc. E allora deve essere nostro dovere aprire il partito a culture nuove e assimilarle al nostro patrimonio comune. Mettere vicino ai grandi Sturzo e De Gasperi, Burke e Tocqueville. Studiare i classici del liberalismo come Von Hayek, Popper, Mises e Einaudi e costruire un'alleanza condivisa tra questo e il Cristianesimo. Solo così potremo creare (veramente) quel grande partito conservatore di massa di cui ha tanto bisogno l'Italia.

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