Gianfranco Micchichè ha dato vita al Pdl Sicilia, ovvero alla più grande pagliacciata degli ultimi dieci anni di politica siciliana. Sulla falsariga del Mpa e della rivolta dei quarantenni dell'Udc, il sottosegretario al CIPE ha proclamato ieri la propria volontà di costruire un partito del Sud federato al Pdl nazionale sul modello della Cdu-Csu. Hanno aderito ben 15 deputati, compresa la corrente dei fedelissimi finiani. C'è chi sospetta addirittura che dietro tutto ci sia proprio il Presidente della Camera, che da tempo oramai (prima i contatti con il Pd, poi il progetto Kadima con Rutelli e Casini) cerca di creare sempre più grane a Berlusconi. Al nuovo gruppo all'Ars hanno aderito i deputati regionali: Arico', Marrocco, Gentile, Scilla, Currenti, Incardona, Marinese, Scammacca, Mineo, Greco, Nicotra, Cristaldi, Bufardeci, Adamo, Cimino. Bufardeci e Cimino sono inoltre assessori del governo Lombardo, rispettivamente alla Cooperazione e all'Agricoltura. Primo grande risultato di questa pagliacciata: il Pd (che ricordiamolo, alle elezioni regionali era andato malissimo) è diventato il primo partito all'Ars. Complimenti davvero. Ma il mio discorso si concentra su un altro punto. Con la nascita del nuovo gruppo gli equilibri della coalizione di centrodestra, già devastata dalle pazzie targate Lombardo, sono ancora più a rischio: con due Pdl (uno lealista, l'altro ribelle) che si fanno la guerra senza esclusione di colpi, un Mpa in mezzo al guada che non sa su chi appoggiarsi e spera invece (hai voglia!) di crescere approfittando degli scontri intestini all'interno del Pollaio delle Libertà, l'unico partito veramente avvantaggiato da questo momento di smarrimento e di difficoltà è proprio l'Udc. Giovanni Nocera, coordinatore liberal della Sicilia, ritiene che il nuovo gruppo di Micchichè costituisca un problema per i centristi, che potrebbero uscire ridimensionati e rischierebbero di perdere un buon bottino di voti moderati. Personalmente non sono dello stesso parere: l'Udc in Sicilia sembrava destinato a morire dopo le dimissioni del presidente Totò Cuffaro. Considerati un partito clientelista e raccattatore era evidente che in quel caso saremmo morti davvero. E invece non è stato così. Lo abbiamo dimostrato anche alle recenti elezioni europee. Nonostante la cacciata dalla giunta regionale abbiamo mantenuto intatti i nostri voti e abbiamo assunto un posto di rilievo nel quadro delle opposizioni al governo Lombardo. E la mossa scissionista e ribelle di ieri giunge nel momento migliore. La spaccatura del Pdl è stata talmente plateale da indebolirlo fortemente, minandone la rete di potere e la struttura di controllo. I lealisti non resteranno con le mani in mano e cercheranno nuove strade, se Alfano e Schifani non saranno in grado di dare risposte concrete subito. A quel punto i movimenti messi in atto sbloccheranno il blocco del voto moderato e noi centristi saremo pronti a offrire un riparo sicuro a quei delusi. Dopo di che la ripercussione su scala nazionale è scontata. Dobbiamo forse dimenticare che ciò che succede in Sicilia è sempre l'anticamera degli scenari politici italiani? Dove è nato il primo centosinistra e dove si è avvertito per la prima volta il crollo della Democrazia Cristiana? Ha ragione Debora Serracchiani: se il Pdl crolla qui, l'impero berlusconiano è davvero finito.
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