venerdì 16 ottobre 2009

Perché l'economia non può essere omofoba

Scrive bene stamattina su La Stampa Irene Tignali (ve la ricordate, quella che lasciò il Pd in aperto dissenso con Veltroni?) che economia e comunità gay sono in stretto, strettissimo rapporto. La sua è però una visione edulcorata del problema, per cui:
Una società in grado di accettare le diversità è una società che sa motivare e gratificare i propri cittadini, che sa guadagnarsi il loro rispetto e la loro partecipazione sociale, civile, economica. È una società che cresce, che innova, che prospera. [...] I dati supportano queste tesi, sia all’interno degli Stati Uniti, in cui le città più aperte e tolleranti come San Francisco, Seattle o Austin hanno i tassi più elevati di innovazione e di concentrazione di talenti e creativi, che nei Paesi europei, dove Svezia, Danimarca, Olanda registrano, guardacaso, sia altissimi livelli di tolleranza verso le diversità e l’omosessualità, che alti livelli di innovazione, di sviluppo e di competitività economica. [...] Perché niente motiva e stimola un essere umano più della consapevolezza di potersi realizzare in pienezza e in libertà.
La studiosa sostiene quindi che solo garantendo la piena libertà di espressione si possono garantire sviluppo sociale ed economico. Insomma. Piuttosto la verità è un'altra. Credo che nessuno possa negare il fatto che le lobby omosessuali dispongano di un potere immenso, sia in termini politici che economici. Le coppie gay spendono e spandono, senza ritegno né contegno. Non sono come una semplice famiglia etero costretta a risparmiare ogni mese per poter superare la fatidica quarta settimana. Gli omosex non devono preoccuparsi di comprare i libri ai figli. Loro vanno in discoteca, alle feste nelle discoteche private, abitano nei quartieri ad hoc, vestono firmati e griffati. Ecco perché l'Economia ha bisogno di loro. Perché rappresentano la scintilla più forte per mettere in circolo l'alto mercato. Le statistiche parlano chiaro: una coppia LGBT spende in media il 65 per cento in più di una etero. Oro colato per le grandi industrie, che non perdono tempo per spronare leggi come quella affossata mercoledì scorso. Ma lo vedete uno come Ivan Scalfarotto che grida: "noi come voi" andare a fare la spese in un discount? Io non ci riesco proprio. E così apparentemente dietro una "battaglia per i diritti" (virgoletto l'espressione per ovvi motivi) si nasconde l'interesse superiore del mondo economico. Sarà un caso che Guido Westerwelle, ministro degli esteri tedesco, sia gay e pure liberale? E che il suo compagno sia un grosso imprenditore di Colonia? Non vorrei dare vita a dietrologie complesse. Anche perché complesse non lo sono affatto.

1 commento:

  1. Una società aperta, liberale, non esercita discriminazioni tra i generi. Lo stato non fica il naso nelle camere da letto. L'economia di mercato non sceglie clienti migliori in base ai consumi da premiare con leggi speciali discriminando i peggiori. Ci sono molte mistificazioni nel testo che accompagna la frase di Irene Tignali. Il problema si intuisce nell'etica, non dichiarata ma fortemente esercitata, che riveste la questione con mutandine cristiane.

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