sabato 17 ottobre 2009

La Kadima Italiana

“Un’occasione perduta. Finora, completamente perduta. Provate a chiedere in giro di cosa si sta parlando in questo congresso del Pd. La risposta sarà sempre la stessa: è una lotta di potere interno. Vedo uno scolalmento clamoroso tra questo partito e il Paese”. Francesco Rutelli ha le valigie pronte. La casa del Pd, che contribuì a fondare portando in dote la sua Margherita, gli piace sempre meno. A Panorama consegna una dura requisitoria contro ciò ormai che gli appare l’irrimediabile involuzione di un sogno; e insieme, una prima anticipazione dei suoi progetti, del suo”Kadima” all’italiana. La correttezza gli impone di attendere fino al 25 ottobre, data delle primarie, per tirare il suo dado. Ma si capisce che solo un miracolo potrebbe ormai evitare un esito già determinato.
Francesco Rutelli, in un'intervista all'ultimo numero di Panorama, ha riproposto (stavolta con molta più convinzione del solito) l'idea della nascita di un nuovo partito di centro moderato e liberale sul modello israeliano di Kadima, fondato nel 2006 dal conservatore Sharon e dal laburista Peres. Già da tempo si parla dei progetti neocentristi e scissionisti dell'ex leader della Margherita (ne abbiamo parlato anche noi tempo fa) e si sono sempre fatte congetture e previsioni ogni volta diverse. Partiti prima da una confluenza nell'Udc, gli esperti hanno poi via via rivisto le loro opinioni iniziali, fino a deliniare un progetto complesso e rivoluzionario: l'introduzione, per l'appunto, di un partito centrista nuovo e non necessariamente legato esclusivamente all'ideologia democristiana. Fortemente ecologista e riformista, ma che sappia imbarcare compagni di viaggio come Casini, Fini e Montezemolo. E che diventi un polo capace di assorbire voti sia al Pdl che al Pd. Una prospettiva interessantissima. Soprattutto per il parallelo con Kadima, che è riuscita a rivoluzionare uno schema politico bloccato e statico. Allora un conservatore di lungo corso come Ariel Sharon riuscì ad avere il coraggio di mettere in discussione se stesso e decine di anni di storie politiche. Ha avuto il coraggio di sacrificarli per costruire qualcosa di nuovo. Il nome del partito significa AVANTI e rappresenta quello sguardo verso il futuro che viene troppo spesso dimenticato. Ma come dovrebbe essere la nuova forza? Come già diceva Marco Follini un paio di mesi fa, moderata ma non opportunista, capace di superare la dicotomia Destra-Sinistra; liberale, popolare; riformista e con vistose connotazioni ecologiste; con obiettivi ambiziosi e che non nasca solo per diventare stampella di una o di un'altra coalizione; federale, autonomista e non centralista, seguendo l'insegnamento di Don Sturzo; che sappia recuperare i valori e attualizzarli. Fondamentale devono essere anche i modelli a cui ispirarsi: ottimo potrebbe essere il MoDem francese di Bayrou, evoluzione dell'Udf. O anche lo stesso PPI sturziano. Un partito di cattolici che si era aperto a tutti i contributi. Certo, i tempi sono diversi, ma l'attualità dell'appello ai liberi e forti è eccezionale. Il nostro partito deve rispondere a un'esigenza del popolo italiano: esigenza di certezza, di concretezza, di futuro. Numerosi sondaggi dell'ultima ora danno l'Udc (per la prima volta in assoluto) in crescita stabile al 8 per cento. Non era mai successo. Secondo l'analisi metodica, sono voti provenienti dall'area degli astenuti alle scorse elezioni europee. Segno che il nostro progetto comincia a prendere consistenza e a convincere anche coloro che finora sono rimasti scettici. Gli sproni principali ad agire sono venuti anche da Ferruccio de Bortoli, uno dei pochi giornalisti seri e professionali rimasti, che già nel suo editoriale di insediamento aveva detto:
Il nostro è un giornale aperto. Nel quale le idee si confrontano e si rispettano. Ma noi siamo dei moderati, sottolineo moderati, orgogliosi della nostra tradizione. E della nostra indipendenza. Un giornale aperto è il luogo dell’incontro proficuo tra laici e cattolici. Il luogo della tolleranza e della ragione. Dove si tenta di costruire, piuttosto che distruggere. Che sta dalla parte del Paese. Non contro. E ambisce a rappresentare quell’Italia che ce la fa, come quella di questi giorni di passione in Abruzzo. Consapevole dei suoi mezzi. Che produce, investe, studia; si rimbocca le maniche ed è orgogliosa di quello che crea. E va non solo in formata correttamente ma anche rappresentata. Difesa. Un giornale moderno è anche uno spec chio dell’identità di chi lo legge.
Le parole sono riferite al Corsera, ma sembrano essere scritte per la Costituente di Centro, non vi pare? La prima attuazione pratica del nostro progetto potrebbero essere le prossime elezioni regionali in Veneto. Lì vedremo se Giancarlo Galan avrà il coraggio di mettersi a capo di tutti i moderati veneti e di guidare la riscossa contro la Lega. Se riuscirà a formare una lista regionale mettendo insieme i suoi elettori, i centristi dell'Udc e del Pd, allora quello sarà il primo nucleo della nuova Kadima, come ha scritto bene Gian Antonio Stella sempre sul Corriere oggi:

Non è dunque un caso che le prime reazioni, ieri, abbiano avuto un tema dominante: dove si deciderà chi sarà il candidato della destra alle prossime regionali di marzo: a Roma, a Milano o in Veneto? Il punto non è secondario. Lo dicono le quasi mille firme raccolte in questi mesi tra i sindaci, amministratori ed elettori pidiellini in calce a una lettera che chiede al Cavaliere di lasciare le cose come stanno. Lo dice una storia di insofferenze verso non solo i romani ma anche i milanesi che, senza risalire alla battaglia di Maclodio, ha visto cicli che invocazioni al partito di tipo bavarese fin dai tempi di Toni Bisaglia e perfino rari tentativi (repressi) di rivolta interna leghista contro l’egemonia lombarda. Lo dice infine la risposta dell’Udc che in Veneto è da sempre a destra ma oggi, oltre a tuonare «col Carroccio al timone mai», lancia l’idea di un listone aperto a tutti quelli che non ci stanno. Scelta che potrebbe poi pesare sul le alleanze nel resto del Paese. Come finirà? Mah... Cer­to è che la Lega si trova davanti a un paradosso: non può permettersi che la scelta veneta appaia fatta a Roma. E neppure a Varese.

La politica italiana tutta ha bisogno di Kadima. Noi saremo in grado di farcela? Sì, ormai ne sono convinto. Con il coraggio dei liberi e dei forti del nostro tempo!

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